Gli strascichi della telefonata del 2013 tra Enzo Bianco, allora candidato sindaco, e Mario Ciancio Sanfilippo, editore e direttore del quotidiano La Sicilia indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, sono ben lontani dal finire. Ad alimentarli stavolta è Maria Grazia Felicioli, vicepresidente della V circoscrizione, eletta tra le file di Con Bianco per Catania. È lei ad attaccare Matteo Iannitti, leader di Catania bene comune, il movimento che tra i primi ha chiesto le dimissioni del sindaco etneo. «Bisogna essere coerenti – scrive Felicioli – se l’esponente di Cbc chiede a Enzo Bianco le dimissioni per una semplice telefonata al direttore del principale quotidiano cittadino per ricordargli l’apertura della campagna elettorale, deve trarne le logiche conseguenze. Matteo Iannitti, quando era candidato sindaco, come tutti sanno, è stato addirittura ricevuto da Mario Ciancio intrattenendosi a lungo con lui nel suo ufficio de La Sicilia dopo una trasmissione tv. Di conseguenza dovrebbe lasciare immediatamente la politica e, forse, la città, dopo essersi opportunamente cosparso il capo di cenere». Una presa di posizione alla quale, adesso, replica il diretto interessato: «Quell’incontro l’ho raccontato in lungo e in largo, adesso mi si dà occasione di farlo di nuovo. Peraltro, quella volta parlammo proprio del Pua». Il mega-progetto da 300 milioni alla Playa oggetto della discussione, secondo i carabinieri, anche dell’intercettazione tra Bianco e Ciancio.
Era il 9 maggio del 2013. Una data che Iannitti ricorda bene perché, per partecipare al confronto televisivo tra tutti i candidati sindaco, «per la prima volta non andai a Cinisi alla manifestazione in ricordo di Peppino Impastato». Su Antenna Sicilia quella sera va in onda una trasmissione all’americana, condotta dalla giornalista Michela Giuffrida: ciascun candidato ha a disposizione un tempo limitato per rispondere alle domande. Si va a turno, non ci si parla addosso. «Avevamo deciso di partecipare perché quello, per noi, era il momento della presentazione alla città – racconta Matteo Iannitti – Sapevamo che ci sarebbe stata gente che avrebbe scoperto di noi grazie a quella puntata. Avevamo studiato, ci eravamo preparati a lungo». Ed è durante il suo turno che, rispondendo a una domanda sui grandi progetti per Catania, Iannitti parla del Pua e dei terreni di Mario Ciancio, proprietario dell’emittente su cui andava in onda il programma. «Lo stupore in studio era palpabile. Nessuno, fino a quel momento, lo aveva nominato in casa sua».
Quando la registrazione finisce, Matteo e un gruppo di militanti di Catania bene comune si fermano all’ingresso del quotidiano La Sicilia, nello spiazzo che dà su viale Odorico da Pordenone. «Mentre stavamo chiacchierando, esce una signora e mi dice: “Iannitti? La redazione e il direttore vorrebbero incontrarla”». L’incontro di cui parla Maria Grazia Felicioli avviene di lì a pochi minuti. «Siamo saliti dentro a un ascensore diverso da quello normale, con un codice. E siamo arrivati nella stanza del direttore. Lo ricordo chiaramente, così come ricordo benissimo tutta la conversazione successiva. Mi era sembrato di entrare veramente nella stanzetta dei bottoni. C’erano Ciancio, Michela Giuffrida e altri giornalisti. Quando ti trovi in situazioni simili puoi decidere di fare due cose: il ruffiano o essere te stesso. Noi abbiamo deciso di essere noi stessi». L’appuntamento dura venti minuti. E quasi nessuno parla, a parte Ciancio e Iannitti.
L’editore e direttore del quotidiano fa tre domande, il leader di Catania bene comune le ricorda tutte. «”Lei quanto pensa di prendere?“, mi chiede. Io gli spiego chi siamo e che partiamo dall’un per cento. A quel punto Ciancio replica: “E allora io perché sto parlando con lei?“, e sorride. La seconda domanda che mi fa è cosa io pensi sul ruolo de La Sicilia nell’informazione a Catania. Io comincio a dire che non sono complottista e che non credo che certe cose vengano censurate, ma lui mi blocca e lo conferma. Dice: “Noi decidiamo se pubblicare o non pubblicare una notizia”». Poco dopo arriva l’ultima domanda, legata ad aver citato le proprietà di Mario Ciancio durante la trasmissione: «Lui mi spiega che “una cosa è l’attacco politico, altra cosa è l’attacco personale“. Facendomi capire che quello personale non è gradito. E mi domanda perché avessi detto quelle cose – continua Iannitti – Io rispondo che quello è il nostro ruolo e che non possiamo fare finta di niente. Cito anche i verbali del pentito Santo La Causa in cui si parla del grosso affare della Playa». È il momento dei saluti.
«Quell’incontro è per noi una spilletta – sostiene Iannitti – Davanti a una persona con cui siamo stati sempre molto duri, non abbiamo abbassato la testa. E lo abbiamo raccontato ogni volta che ne abbiamo avuto l’occasione. Quell’incontro è stato la dimostrazione che cominciavamo a essere presi in considerazione». Il messaggio della vicepresidente della V circoscrizione, quindi, secondo Iannitti «non si spiega. Se non con la volontà di far credere che a Catania siamo tutti uguali e tutti ugualmente compromessi. Non è così. Noi non ci siamo lasciati intimidire e non lo faremo. Siamo stati trasparenti e abbiamo raccontato tutto perché non abbiamo niente da nascondere. Bianco non ha parlato, invece, perché?».
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