Qualcosa potrebbe ancora succedere. È questa la sensazione a pochi giorni dall’arresto di Carmelo Mignosa, il primario di Cardiochirurgia del Policlinico di Catania beccato mentre intascava una mazzetta da duemila euro. A pagarlo è stato l’imprenditore Valerio Fabiano. Lo avrebbe fatto, stando a quanto dichiarato ai magistrati, per «ingraziarsi» le simpatie del rinomato medico. Tuttavia la procura si è mossa ritenendo concreto il sospetto che i contatti tra i due siano stati legati per gli interessi di Fabiano nei confronti della gara d’appalto da 17 milioni di euro indetta dall’azienda ospedaliera universitaria per acquistare forniture utili alle attività di vari reparti. Compreso quello in cui a ottobre scorso è tornato Mignosa, sei anni dopo avere lasciato per gli strascichi di una vicenda riguardante alcuni abusi sessuali che avrebbe commesso un suo fidato collaboratore. La storia è ancora al centro di un processo in cui il primario non è coinvolto, a differenza di quello che dovrebbe seguire per i fatti accaduti il 9 agosto, quando la guardia di finanza ha fermato Mignosa con la bustarella ancora nello zaino. Tuttavia non è inverosimile che il chirurgo scelga di dare seguito alla forma di collaborazione avviata con l’ammissione delle proprie responsabilità durante l’interrogatorio di garanzia. Ciò significherebbe mettere le basi per un patteggiamento – strategia adottata da un altro reo confesso, l’ex capo del Genio civile etneo Natale Zuccarello – ma anche impegnarsi a chiarire chi altro, oltre Fabiano, si sia fatto avanti per elargire denaro in cambio di favori. Fabiano ai magistrati ha detto che quella intercettata era l’unica mazzetta consegnata a Mignosa, mentre a casa del cardiochirurgo sono stati trovati oltre 20mila euro in contanti di dubbia provenienza. In mano agli inquirenti ci sono i nomi di altri possibili corruttori, ed è logico pensare che un contributo in termini di chiarezza potrà arrivare proprio dal medico.
Dal canto suo Mignosa è certo di finire all’attenzione di altri giudici. Così come verificato da MeridioNews, al tribunale del lavoro è pendente un ricorso presentato da uno dei tre partecipanti che, a luglio dello scorso anno, si presentarono ambendo all’incarico di direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiochirurgia. A completare il percorso di selezione furono in tre e Mignosa, che aveva ottenuto il punteggio più alto, venne ritenuto il più qualificato dal direttore generale Gaetano Sirna, figura a cui la legge affida il compito di individuare il soggetto a cui proporre l’incarico. Ai giudici spetterà valutare una serie di rilievi inerenti la procedura e, nello specifico, una presunta incompatibilità tra Mignosa e il presidente della commissione di valutazione nominata dall’Azienda sanitaria. A guidare la terna di esaminatori è stato Francesco Musumeci, cardiochirurgo in servizio al San Camillo-Forlanini di Roma. Di origini siciliane, Musumeci a dicembre 2019 era stato sorteggiato come componente supplente della commissione, per poi entrare in gioco nel momento in cui – a luglio 2021, poco prima dell’inizio della selezione – uno dei tre titolari aveva rinunciato all’incarico ravvisando motivi di incompatibilità che, in prima battuta, aveva escluso.
All’attenzione del tribunale del lavoro sono finite le numerose pubblicazioni cofirmate da Mignosa e Musumeci. Stando a quanto dichiarato dal candidato, i due, che a cavallo tra il 1998 e il 1999 hanno lavorato insieme proprio al San Camillo, hanno lavorato a oltre una decina di studi, spesso insieme ad altri professionisti. Ma stando a quanto appreso da MeridioNews, all’interno del ricorso sarebbe finito anche un altro appunto riguardante il curriculum di Mignosa. Il documento con cui il professionista ha preso parte alla selezione dell’anno scorso non contiene un’informazione presente invece in un precedente curriculum in formato europeo, aggiornato ai primi mesi del 2014 e che ancora oggi è rintracciabile sul web. Alla voce Ulteriori informazioni compaiono dati relativi alle referenze ottenute dal medico. Tre esperti del settore che ne attestavano le qualità professionali. Il primo è Francesco Musumeci.
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