«È rammaricato e mortificato per quello che è successo e ha deciso di presentarsi spontaneamente in carcere, a Rovigo». Sono le parole di Antonio Savoia, legale dell’ex capitano del Lecce e del Palermo, Fabrizio Miccoli, condannato ieri in via definitiva alla pena di tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Oggi pomeriggio, dopo la conferma della Corte di Cassazione della sentenza emessa a gennaio 2020 dalla Corte di Appello di Palermo, l’ex calciatore si è costituito.
«L’udienza si è svolta ieri davanti alla seconda sezione della Suprema Corte – ha detto l’avvocato agli organi di stampa – che ha respinto il ricorso. Sicuramente ricorreremo al magistrato di sorveglianza», conclude Savoia. A causa dell’aggravante mafiosa, Miccoli non ha potuto beneficiare di alcuno sgravio.
Secondo la procura, l’ex calciatore avrebbe commissionato al suo amico Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonino, detto u scintilluni, di recuperare un credito di 12mila euro dall’imprenditore Andrea Graffagnini, titolare della discoteca Paparazzi, per conto dell’ex fisioterapista del Palermo Giorgio Gasparini.
Al centro dell’inchiesta ci sono alcune intercettazioni tra Miccoli e il figlio del boss della Kalsa, in cui il giocatore definisce il giudice Giovanni Falcone, definendolo «quel fango», per poi scusarsi pubblicamente in lacrime.
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