Caso Mered, il processo ricomincia da capo «Sono qui senza il mio nome, senza identità»

«Senza il mio nome, senza la mia identità, trovarmi qui per me è una cosa strana». Il giovane eritreo in carcere da quasi un anno e mezzo con l’accusa di essere Mered Medhanie Yehdego, uno dei più pericolosi trafficanti di esseri umani sulla rotta tra l’Africa e l’Europa, misura le parole. Da sempre sostiene di essere un’altra persona: Medhanie Tesfamariam Behre, un connazionale di dieci anni più giovane del trafficante ricercato dalle autorità di almeno due continenti. A poco meno 18 mesi dall’arresto in Sudan il processo è ricominciato oggi con un nuovo giudice – il quarto dall’inizio della vicenda -, una nuova corte e tanto da rifare, dopo la dichiarata incompatibilità della quarta sezione penale del tribunale di Palermo, che ha passato la palla alla seconda corte d’Assise. 

«Il processo serve anche a questo» gli risponde il presidente, Alfredo Montalto, che aveva poco prima informato gli imputati in aula della possibilità di rilasciare delle dichiarazioni spontanee. E la prima udienza è stata, come era prevedibile che fosse, un grande riassunto delle puntate precedenti, con il pm Geri Ferrara e l’avvocato dell’eritreo, Michele Calantropo, che hanno rimesso sul piatto le rispettive prove e dibattuto nuovamente sull’ammissibilità o meno di intercettazioni e materiale sequestrato dalla polizia sudanese al momento della cattura. Non saranno sentiti di nuovo i testi ascoltati finora, fatta esclusione per Carmine Mosca, vice dirigente della Mobile di Palermo al tempo in cui si sono verificati i fatti, che dovrà tornare sul banco dei testimoni per prestarsi alle domande della Procura e della difesa, che non aveva avuto modo di fare il proprio controesame proprio a causa del cambio di Corte.

«Il mio cliente – dice in aula l’avvocato Calantropo – è stato privato di un diritto fondamentale, il diritto del nome. Stiamo processando il signor Mered Medhanie Yehdego, per cui la Procura ha svolto un eccellente lavoro di indagine, ma che non è la persona arrestata dalla polizia del Sudan, un Paese in cui il livello di corruzione è molto alto. Questa difesa non intende eccepire profili di nullità. Non contesterà il fatto che gli atti del secondo procedimento a carico dell’imputato ci sono arrivati ieri pomeriggio alle cinque del pomeriggio, né che la notifica consegnata al mio cliente, scritta in una lingua che lui non comprende. Non intendiamo neanche sollevare alcun problema di competenza territoriale. E tutto per la celerità nella celebrazione di questo dibattimento». Intanto, da par suo, la Procura ha chiesto l’autorizzazione per un’altra perizia fonica, con un perito di parte che possa confrontare la voce dell’uomo in carcere con quella del vero trafficante, registrata durante le intercettazioni. Atto questo che la difesa ritiene prematuro, in attesa della presentazione di nuove, importanti prove, tra cui la traduzione di alcune dichiarazioni rese alle autorità olandesi del fratello di Mered Medhanie Yehdego, il trafficante.


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