Caso Interbus, il racconto delle tre donne senegalesi Tra l’ipotesi «errore» e l’avvio di una indagine interna

«Non sappiamo perché è successo. Lui ha detto solo “No”, e basta, e ha chiuso la porta». Le tre donne scendono dall’autobus delle 19.30 in via Archimede, a Catania. Sono coloratissime e sudate. Hanno appena finito di lavorare e si dirigono verso casa, nel capoluogo etneo, dopo una giornata sulle spiagge di Taormina. Sono le protagoniste, loro malgrado, della storia che è partita da Facebook e ha fatto il giro dei quotidiani locali e nazionali: lasciate a terra dall’autista del mezzo della Interbus, che ha chiuso loro le porte in faccia. «Solo perché erano di colore», dichiarava a questa testata Franca Scardilli, testimone oculare e prima narratrice della vicenda, confermata sia dai lavoratori Interbus sia da una guardia giurata in servizio quella mattina proprio al terminal dei bus, nei pressi di piazza Giovanni XXIII. «Abbiamo avviato un’indagine interna – interviene Mario Nicosia, direttore di esercizio di Etna trasporti – Il nostro operatore domenica ha portato avanti normalmente il serviziosiamo convinti che la questione del razzismo non abbia niente a che fare con quanto successo».

Le tre donne rimaste a terra – e partite con un autobus successivo – vengono dal Senegal e prendono l’autobus quasi tutti i giorni alla stessa ora. «Alle nove o alle nove e mezza, se sono troppo stanca», dice una di loro. «Conosciamo quasi tutti gli autisti – spiegano – Cambiano sempre. Molti sono gentili, qualcuno meno. Quello dell’altro giorno era stato sgarbato altre volte». La conversazione è difficile, l’italiano è mischiato con un po’ di francese, ma i concetti sono chiari: «Non lo sappiamo perché ci ha chiuso le porte in faccia. Non lo abbiamo capito, lo giuriamo. Ha detto solo “No”, anche se noi gli avevamo spiegato già prima che stavamo per sistemare i bagagli», ribadiscono. L’uomo che è riuscito a entrare sul bus, senegalese anche lui, non faceva parte del loro gruppo. Semplicemente, era andato a fare i biglietti perché si conoscono un po’ tutti, loro che ogni mattina viaggiano verso Taormina. «I posti c’erano, abbiamo visto un video che una persona che conosciamo ha messo su Facebook – aggiungono – Ma quello che è successo dentro non lo sappiamo, perché con lui non ci siamo ancora incrociate di nuovo». 

«Noi andiamo in spiaggia e vendiamo le nostre cose – continuano – Lo sappiamo che adesso che il ministro Matteo Salvini non vuole più, ma noi ci andiamo lo stesso». Il riferimento è alla nuova stretta sulla sicurezza nelle località balneari, che passa anche da maggiori controlli contro chi vende salvagente, ciabattine e piccoli gioielli sulla battigia. Dei quattro Comuni che hanno ottenuto 50mila euro per attuare le direttive ministeriali, due le riguardano direttamente: Giardini Naxos e, appunto, Taormina. Il rischio di controlli più ferrei è un timore che molti, alla stazione, condividono. Un altro uomo senegalese presente domenica mattina proprio su quell’autobus taglia corto: «È successo, basta. Il mondo è pieno di persone brutte e di cattiverie, ma non importa – afferma – Dobbiamo solo andare avanti. È vero, tutti sbagliano, abbiamo già tanti problemi, noi dobbiamo lavorare».

«Non penso sia stato razzismo», interviene un collega dell’autista, che si occupa dell’assistenza ai passeggeri a terra. Parla dopo avere dato una mano proprio a una delle cittadine africane lasciate fuori dal bus domenica mattina. «Le ho fatto il biglietto, perché a farlo sull’autobus c’è un sovrapprezzo di 50 centesimi». Ma lo sapeva che era proprio una delle ragazze protagoniste della vicenda? «No, non ne avevo idea – sostiene – Di solito mi occupo delle tratte nazionali, stamattina mi hanno messo qui a quelle locali». «Tutti i giorni transitano dai nostri autobus migranti che vengono da ogni parte del mondo, sono tantissimi, ci parliamo e li conosciamo. Non so cosa sia successo quella mattina. Probabilmente, l’autista avrà pensato che la vettura era piena, che era troppo tardi, o era distratto. Un errore, forse una mattinata storta…». Una questione di mancata gentilezza come se ne vedono ogni giorno. «Tante persone di colore usano i nostri mezzi per necessità – aggiunge Nicosia – Qualcuno di loro ha anche l’abbonamento».

«Se il mezzo non è pieno – precisa il direttore di esercizio di Etna Trasporti – gli autisti chiudono un occhio sulle regole in merito alle misure standard dei bagagli e consentono di stivare più del consentito. Quando, però, tutti i 50 posti del bus sono occupati nasce qualche problema con la pretesa di portare a bordo tutti i loro pacchi ingombranti anche perché se tutti i passeggeri avessero un bagaglio del genere ci vorrebbe un secondo autobus da utilizzare come stiva». Nella ricostruzione dell’azienda, però, l’autobus di domenica mattina sarebbe stato già in manovra per uscire dallo stallo del parcheggio quando le donne avrebbero provato a caricare i bagagli nel vano inferiore.  Un momento in cui non è più consentito l’accesso di altri passeggeri, che pure l’autista avrebbe ammesso di avere visto. La circostanza del divieto tassativo, però, è smentita oltre che dalla consuetudine anche dai fatti. Questa mattina sono state fatti salire passeggeri, anche africani, fino agli ultimi momenti prima di immettersi in strada.

Luisa Santangelo

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