«Non posso pagare per una cosa che non ho commesso». Lo avrebbe ripetuto tra le lacrime, Francesco Castronovo, sfogandosi per ben due volte con Franco Lombardo, ex boss della famiglia di Altavilla Milicia divenuto da poco collaboratore di giustizia. Prima di lui, a raccontare le informazione apprese sull’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà era stato suo figlio, Andrea Lombardo. Il padre ha deciso di collaborare coi magistrati proprio dopo un appello lanciato da lui. E tra i suoi racconti c’è stato spazio anche per quello che accadde la sera del 23 febbraio 2010. «Sono in possesso di alcune notizie su questo omicidio», ha ripetuto ieri davanti ai giudici della prima corte d’assise di Palermo. Notizie non da poco. «Castronovo mi ha detto che lui con l’omicidio Fragalà non c’entra niente – ripete a più riprese -, il responsabile sarebbe stato Francesco Arcuri, insieme agli altri, i suoi coimputati, ma senza fare i nomi precisi». Frasi precise, inequivocabili, che scagionerebbero uno degli imputati a processo per il delitto e attorno alle quali magistrati e avvocati hanno chiesto e domandato per oltre tre ore.
«Si è creato un legame fra noi, lui si è sfogato con me, si è aperto in questo modo. Io non ho chiesto particolari, mi sono limitato ad ascoltarlo». Lo avrebbe fatto, Franco Lombardo, in due occasioni distinte, nelle cellette di attesa prima di un processo al tribunale di Palermo. In una di queste, Castronovo era appena stato allontanato dall’aula proprio a udienza in corso, circostanza che aveva aumentato il suo nervosismo. Ma anche sul pullman dichiara di aver viaggiato in più di un’occasione sia con Castronovo sia con Arcuri. Del primo ricorda soprattutto lo stato d’animo: «Questo ragazzo era molto nervoso e agitato, mi ripeteva che con l’omicidio non c’entrava niente», gli avrebbe detto discolpandosi. Ma anche in carcere Lombardo senior avrebbe sentito parlare del medesimo delitto, raccogliendo questa volta le opinioni di un altro detenuto, che come lui era in attesa di incontrare il proprio avvocato a colloquio, Daniele Lauria, presunto sodale a suo dire della famiglia di Palermo Centro. «I picciotti lo dovevano fare», avrebbe detto a Lombardo, «Gregorio Di Giovanni», avrebbe poi aggiunto, avvicinandosi al suo orecchio per non farsi sentire dagli altri detenuti come loro in attesa nella saletta del carcere.
Una circostanza che Franco Lombardo racconta successivamente al figlio e a un altro detenuto, Pietro Liga (a suo dire della famiglia di Bagheria), mentre sono tutti e tre in attesa che inizi la loro udienza in tribunale. «Mi ricordo che ho tirato fuori il discorso perché quello stesso giorno c’era anche udienza per il processo Fragalà – dice -. Io ho fatto il nome di Gregorio Di Giovanni, ho detto che lui era il responsabile insieme ad altri imputati», ma sui nomi di questi altri non ha nessun preciso ricordo. «Ho visto un Di Giovanni una volta a una riunione, non fu detto il suo nome, solo il cognome, lo hanno presentato e poi se n’è subito andato». Ma del delitto Fragalà Lombardo avrebbe parlato anche con un altro detenuto ancora, dentro al carcere, Diego Ciulla, al quale avrebbe portato i saluti di Arcuri. E lui avrebbe commentato di rimando: «Stu Francesco si consumò», riferendosi all’omicidio. Una frase che però l’ex boss non avrebbe cercato di approfondire. E Francesco Chiarello? «L’ho conosciuto al Pagliarelli, nella saletta di attesa, mi disse che aveva ricevuto uno schiaffo durante un litigio da un certo Battista Rizzo di Altavilla Milicia e mi chiedeva di interessarmi per scoprirne il motivo. Solo in quell’occasione ricordo di averlo conosciuto».
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