Nessuno ha parlato di niente, né dell’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà né del processo attualmente in corso in corte d’assise a Palermo a carico di sei imputati. Almeno, non dentro il carcere Pagliarelli. Nessuno ha raccolto confidenze, nessuno ha fatto domande, nessuno ha offerto consigli, commenti o fatto minacce. È questo lo scenario emerso oggi ascoltando le persone, alcune detenute altre ormai libere, tirate in ballo di recente dai racconti di Francesco e Andrea Lombardo, padre e figlio, entrambi esponenti mafiosi di Altavilla Milicia da poco collaboratori di giustizia, che poche settimane fa sono stati ascoltati proprio su quello che avrebbero appreso riguardo al delitto del penalista. Il primo a parlare davanti ai giudici era stato il figlio, Andrea Lombardo, che aveva riferito che Giovanni Castello e Vincenzo Giudice avrebbero, detenuti al Pagliarelli, avrebbero rimproverato, su commissione di Francesco Arcuri, Paolo Cocco perché si sfogava e ripeteva di non entrarci niente col delitto per cui era sotto processo. Circostanza che oggi entrambi, Castello e Giudice, hanno escluso con forza. «Che io ricordi, non ho conosciuto Paolo Cocco, credo proprio di no. In sezione ci potevano essere 50 persone e in un anno ne passano molte», dice subito Castello, videocollegato da Rebibbia. Lui al Pagliarelli c’è stato dal 2011 al 2017. La sua cella era la 19 mentre quella di Cocco la 21, stessa sezione, ma lui è categorico, non ricorda nessun Paolo Cocco. Così come afferma di non conoscere neppure Andrea Lombardo.
E Arcuri invece? Quello che, per Lombardo jr, gli avrebbe dato il mandato del rimprovero a Cocco: «Sì lo conosco, è stato detenuto con me ad Ancona. Ma anche a Palermo, non ricordo il periodo, andavamo ai passeggi insieme al terzo piano e non mi ha mai parlato di nessun Paolo Cocco e non mi ha mai detto di rimproverarlo», dice oggi in aula. Mentre dichiara di aver saputo del pentimento di Antonino Siragusa, tra i sei imputati a processo, solo attraverso i giornali, «in carcere con me non ha parlato nessuno, non ho mai sentito commenti». Non conosce neppure la persona con cui avrebbe rimproverato Cocco, cioè Vincenzo Giudice, che gli dà il cambio in videocollegamento da Lanciano. «Sono stato solo otto mesi al Pagliarelli facendo sali e scendi ogni volta per i processi. Ho conosciuto Paolo Cocco, era due celle più avanti alla mia – ammette -. Io l’ho solo sentito piangere, non l’ho mai sentito parlare delle vicende sull’avvocato Fragalà. L’ho sentito piangere, io ci parlavo sul lato umano, gli dicevo che i tempi della giustizia erano lunghi, di avere pazienza». Piange e basta, quindi, nella versione di Giudice. Nessun commento sul processo né sulle altre persone coinvolte. «Quando piangeva parlava solo del suo lavoro, portava i carrelli per 30 euro, diceva che si trovava là senza aver fatto niente, che non ha mai ucciso nemmeno una mosca».
Conosce anche i Lombardo, uno era nella cella 21 e uno nella 24. Sono tutti vicini, in quella sezione, le persone entrate adesso nel processo come nuovi testimoni. «Non ho mai visto nessuno sfogo tra Paolo Cocco e Andrea Lombardo – dice -. Non l’ho mai vista una cosa del genere e non credo sia nemmeno possibile», dice gettando un’ombra su quel rapporto di amicizia di cui Lombardo junior aveva parlato in udienza solo poche settimane fa. «Io ero alla cella 23, uno alla 22 e uno alla 24. A Paolo Cocco cucinavo io, era sempre con me. Il loro era un rapporto normale fra detenuti, “buongiorno, buonasera”». Nulla di più, fra loro, a suo dire. Dice di non conoscere, invece, Francesco Arcuri. «Solo di vista, in qualche passeggiata. Non ci siamo mai salutati, mai parlati». E del delitto Fragalà sembra non sapere niente, tranne quello che racconta il telegiornale. Racconta, però un particolare: cioè di aver visto Francesco Lombardo col Giornale di Sicilia, «certe volte lo passa anche a me», mentre lo stesso poco tempo fa in udienza aveva affermato il contrario, di non essere solito leggere giornali, escludendo quindi l’eventualità di aver potuto apprendere di certi dettagli sull’omicidio e sul processo dalla stampa.
Mentre Girolamo Ciresi, zio acquisito di Ingrassia (figlio di sua sorella), che gli viene nipote, ha deciso di non dire nulla oggi e di non rispondere alle domande. Lui, secondo la versione data da Andrea Lombardo, lo avrebbe avvicinato in chiesa dicendogli all’orecchio di suggerire a Cocco di «cucirsi la bocca». A parlare oggi da Tolmezzo c’è anche Pietro Liga che, sia per Lombardo figlio che padre, sarebbe stato presente nelle cellette di attesa del tribunale mentre si parlava proprio del processo Fragalà e dell’omicidio del penalista. Avrebbe quindi anche assistito al momento in cui sarebbe stato fatto il nome di Gregorio Di Giovanni come mandante del delitto e al momento di sfogo di Francesco Arcuri, dopo essere stato allontanato dall’udienza. «Ci sono più celle in tribunale per attendere i processi. Il giorno della mia sentenza di primo grado (5 luglio 2018) sono arrivato col pullman della penitenziaria, non ricordo in quanti fossimo, penso tanti, con i miei coimputati poi ero nella stessa stanza in attesa», dice subito. Ammette di conoscere Arcuri, ma esclude di essere stato nella stessa stanza con lui il giorno del suo sfogo, «di lui che dà in escandescenza e viene allontanato dal processo l’ho letto sul Giornale di Sicilia, ho letto che aveva avuto uno sfogo inopportuno durante il suo processo, e poi l’ho sentito su Radio Radicale».
Quel giorno preciso, però, lui nella celletta di attesa del tribunale non c’era, non ha visto nulla di persona. «Lo escludo assolutamente, non ho questi ricordi. Io l’ho sentito solo una volta sfogarsi, ma eravamo in galera, prendeva a parolacce il collaboratore Francesco Chiarello, lo chiamava “cornuto, figlio di buttana, bugiardo”». Nega poi di aver mai parlato coi Lombardo del delitto Fragalà e delle responsabilità di qualcuno, diversamente da come raccontato invece da padre e figlio. «Io non parlo mai di processi, figuriamoci se mi devo mettere a parlare di processi di altre persone. Sono sicuro, sicurissimo di non aver mai parlato di questa vicenda», dice più volte. Non ricorda di aver mai visto parlare Francesco Lombardo e Francesco Castronovo insieme, e dice di non conoscere nemmeno Gregorio Di Giovanni. Conosce invece Arcuri e anche Siragusa, con quest’utlimo ha condiviso per alcuni mesi la cella: «Ha parlato in stanza con me del delitto Fragalà, mi ha mostrato dei fotogrammi raccolti dal suo avvocato con un perito che lo scagionavano. Non ha mai detto niente su altre persone, non parlava del suo processo».
E poi c’è Diego Ciulla e anche lui ammette di conoscere Arcuri. «Abbiamo parlato dell’omicidio, nelle ore di passeggio non faceva che dire “ma come devo a fare a fare capire che sono innocente, come devo fare”. Non ha mai parlato della responsabilità di terzi o altri imputati, parlava solo di sé». Conosce anche Francesco Lombardo, che gli avrebbe più volte portato i saluti per conto di Arcuri al quale, sempre a detta del neopentito, avrebbe anche lasciato un suo orologio al momento della scarcerazione. Ciulla, dal canto suo, ammette di aver spesso ricevuto il messaggio coi saluti di Arcuri, di cui era amico, ma dichiara tuttavia di non avergli mai lasciato da parte nulla di suo: «Quando sono stato scarcerato ho lasciato quasi tutto in cella: abbigliamento, scarpe, radio, orologio, accappatoio, tovaglie, ho portato solo le lenzuola.. C’è questa scaramanzia in carcere, e ho detto a Franco “vedi a chi possono servire queste cose, fai tu, vedi chi ha bisogno” – spiega oggi -. Non ho mai detto di dare ad Arcuri l’orologio che stavo lasciando. Credo che molte cose se le sia tenute lui». Lui e Lombardo, poi, a suo dire non avrebbero mai parlato insieme di alcun processo, «io non parlavo mai di queste cose, non avevo alcun interesse». Secondo Francesco Lombardo, però, proprio in una delle occasioni in cui gli avrebbe riferito dei saluti da parte di Arcuri, Ciulla avrebbe addirittura commentato «stu Francesco si consumò», in riferimento al delitto. «Non ricordo di averla detta questa frase, se l’ho fatto, ma non me la ricordo, è stato in riferimento al fatto che stava affrontando un processo delicato, non ho mai detto nulla sulle responsabilità di nessuno».
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