Caso De Simone, l’imputato ha chiesto di essere interrogato L’accusa ripercorre atti d’indagine e chiede rinvio a giudizio

Si è tenuta oggi al tribunale di Siracusa l’udienza preliminare del processo per l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi di Angelo De Simone. Per il delitto del 27enne trovato impiccato nella veranda di casa nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa il 16 febbraio del 2016, l’unico è imputato è Giancarlo De Benedictis. L’altro ritenuto responsabile in concorso è Luigi Cavarra. L’uomo appartenente al clan Bottaro-Attanasio, però, è morto nel 2018 quando era diventato un collaboratore di giustizia. Dopo la doppia archiviazione del caso come suicidio, la procura ha poi aperto un fascicolo prima a carico di ignoti per istigazione al suicidio e poi per omicidio indagando De Benedictis.

Durante l’udienza di oggi, che è durata circa mezz’ora, a discutere sono stati il pubblico ministero Gaetano Bono e l’avvocato David Buscemi che assiste i familiari della vittima. «Abbiamo chiesto il rinvio a giudizio per l’imputato – spiega il legale a MeridioNews – riprendendo gli atti dell’indagine: dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia alle informazioni de relato (cioè indirette, ndr) ricevute da altri detenuti puntando pure sui risultati che sono venuti fuori dall’autopsia sul cadavere riesumato». Alla fine delle discussioni dell’avvocato e del pm, De Benedictis – che era presente in aula – ha chiesto di essere interrogato. Così il processo è stato rinviato al 23 maggio, giorno in cui l’udienza sarà interamente dedicata all’esame dell’imputato

Carlo ‘a scecca è già detenuto in carcere con una condanna non definitiva a 20 anni dopo essere stato arrestato nell’ambito dell’operazione antidroga Bronx con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) nella zona della Mazzarrona, alla periferia nord del capoluogo aretuseo. E proprio nell’ambiente della droga sarebbe da ricercare uno dei due moventi proposti dall’accusa: il 27enne avrebbe contratto un debito di qualche centinaio di euro; oltre a questo ci sarebbe poi una motivazione di natura passionale. De Simone, infatti, avrebbe avuto una relazione con una donna sentimentalmente legata anche a De Benedictis che, stando a quanto emerso durante le indagini, pochi mesi prima dei fatti, avrebbe rivolto un minaccioso avvertimento al padre della vittima

Per la svolta nel caso che rischiava di finire archiviato come suicidio – un’ipotesi che non ha mai convinto la famiglia e gli amici – è stata fondamentale l’autopsia sul corpo riesumato a distanza di anni. Dai risultati dell’esame eseguito dal medico legale Giuseppe Ragazzi, emerge che De Simone sarebbe stato più volte colpito alla nuca e ai genitali. Tra l’altro, chi ha avuto modo di vedere all’epoca il cadavere del giovane ha parlato subito di «genitali gonfi e neri». Solo dopo, la vittima sarebbe stata appesa a un gancio per simulare un suicidio. A rimettere in discussione le cose era stata anche la testimonianza del collaboratore di giustizia Mattia Greco che, due anni dopo il decesso, aveva raccontato di avere appreso da altri detenuti che «Angelo De Simone era stato ucciso da Luigi Cavarra e Giancarlo De Benedictis i quali avevano inscenato un suicidio». In quel periodo, però, la testimonianza di Greco non fu ritenuta solida. Intanto, era arrivato anche il racconto di un altro collaboratore di giustizia che ha riferito che quella sera di febbraio di sei anni fa si trovava nella piazzetta del Bronx, a pochi passi da casa di De Simone. Da lì avrebbe visto uscire due uomini, uno dei due riconosciuto in Carlo ‘a scecca, con le scarpe coperte con la plastica, quella che si usa anche in ospedale. 

Marta Silvestre

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