Caso candelora, nuovi messaggi di sostegno «Noi, infangati dall’illegalità, chi quereliamo?»

«Ci chiediamo: per riscattare l’onore, noi catanesi infangati dalla arroganza dell’illegalità, additati da tutta l’Italia come popolo di delinquenti, chi dovremmo querelare per avere soddisfazione?». È con una domanda destinata a rimanere senza risposta che si chiude il comunicato di solidarietà alla redazione di MeridioNews inviato dal comitato popolare Antico corso, che gestisce le storiche mura del Bastione degli infetti. A pochissimi metri dal punto in cui, il 4 febbraio scorso, il cereo degli ortofrutticoli ha fatto la sua annacata, in via Torre del vescovo, fuori dal percorso del giro esterno del fercolo di sant’Agata. Ma nelle immediate vicinanze dell’abitazione del presunto boss del clan Cappello Massimiliano Salvo, detenuto agli arresti domiciliari. Il racconto di quella deviazione insolita, con conseguente sosta di alcune ore, è costato a questa testata una querela per diffamazione aggravata. A sporgerla contro ignoti proprio l’associazione che gestisce la candelora. Una denuncia che, secondo i membri del comitato, è una «forma di attacco alla libertà di stampa».

Da quando è stata diffusa — con un intervento al consiglio comunale di Catania firmato dai consiglieri Sebastiano Arcidiacono, Agatino Lanzafame e Niccolò Notarbartolo — , la notizia delle indagini a carico dei nostri giornalisti Dario De Luca e Luisa Santangelo ha sortito numerosi effetti. Semplici cittadini, giornalisti e associazioni hanno scelto di manifestare la loro solidarietà alla testata e ai cronisti. Dai deputati del MoVimento 5 stelle all’Ars, passando per Catania Bene Comune, GammazitaLibera, AddioPizzo e la fondazione Giuseppe Fava. Ma anche l’associazione antimafie Rita Atria, la redazione de I Siciliani giovani e quella de L’urlo, l’Udu, il movimento Vespri, l’associazione romagnola Gruppo dello zuccherificio. Un elenco lunghissimo, che continua ad allungarsi di ora in ora.

«Ancora una volta, dobbiamo assistere ad una operazione di storno dell’attenzione pubblica, distogliendola dai fatti e concentrandola su chi questi fatti li racconta», scrive il comitato popolare del quartiere in cui la sosta sospetta è avvenuta. Lo stesso comitato che, tutti i sabati, apre le mura del Bastione degli infetti. Il luogo in cui, la sera del 4 febbraio, gli uomini della polizia di Stato hanno sequestrato 31 batterie di fuochi d’artificio artigianali e abusivi pronti a essere esplosi: «Quei botti apparecchiati dentro al Bastione degli infetti — scrive il comitato — lo hanno reso in pochi minuti da Luogo del cuore a luogo di malaffare, in spregio ai 10mila cittadini che, votandolo, hanno cercato di rilanciare una immagine, quella sì, di dignità e decoro della città».

Parla di libertà di stampa anche il giornale modicano La Spia, il cui direttore — Paolo Borrometi — dedica un editoriale alla storia che ha coinvolto i nostri due cronisti: «La stampa libera. Libera di raccontare, libera di far giornalismo di inchiesta, libera di pensare ad una terra migliore. Libera di sognare che la mafia possa essere lottata anche (e soprattutto) a colpi di pennaPerché fa più male una penna di mille pallottole. È così che, ancora una volta, in Sicilia la stampa viene colpita dalla querela (che ha tutto l’aspetto di essere intimidatoria) di chi non accetta il racconto, la voglia di contribuire alla verità», si legge nell’articolo pubblicato ieri. «Raccontare, denunciare, vuol dire non essere complici», conclude Borrometi. 

«Le querele, quando vengono usate come strumento per soffocare la libera informazione, sono medaglie al petto di chi fa giornalismo d’inchiesta senza timori e a testa alta», scrivono, in una nota congiunta, il centro per i diritti del cittadino Codici e l’associazione antiracket Obiettivo legalità. «A Dario De Luca e a Luisa Santangelo va la nostra solidarietà», affermano i rispettivi segretari, l’ex consigliere comunale Manfredi Zammataro e Salvatore Castorina.

Redazione

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