Caso Biondo, oggi quattro anni dalla morte Criminologo spagnolo: «Lui è stato appeso»

«Mi appello a chiunque, alla vedova, agli amici di Mario: aiutateci, una famiglia non può essere trattata così e un ragazzo non può morire in questo modo. Spagna, fai un passo indietro e aiutaci». Alla fine non ci riesce a trattenere le lacrime Santina D’Alessandro, la madre di Mario Biondo, trovato morto nel suo appartamento di Madrid il 30 maggio di quattro anni fa. A ricordarlo oggi sono amici e familiari riuniti a piazza Vittorio Emanuele Orlando, di fronte al tribunale di Palermo. La morte del cameraman palermitano in Spagna non ha mai rappresentato un caso, è stata immediatamente etichettata come suicidio, ipotesi a cui la famiglia non ha mai creduto. Soprattutto in seguito alle relazioni dei periti di parte che, sulla base delle fotografie del cadavere e della scena del crimine, hanno potuto raccogliere non pochi elementi che supportano, al contrario, la tesi dell’omicidio. A dare man forte alla loro tesi, a sorpresa, spunta adesso anche un Lluis Duque, un criminologo di Barcellona che ha lavorato per 25 anni nella scientifica iberica.

«Questo ragazzo è stato appeso». È questo che avrebbe detto ai familiari di Mario, dopo aver esaminato per diversi mesi l’intero fascicolo del caso e i documenti messi insieme a Palermo. «Ci ha contattati di sua iniziativa e non ha voluto un euro, lo ha fatto per amore della verità e della giustizia», racconta Santina a MeridioNews. A scatenare l’interesse dell’esperto spagnolo sarebbe stata la decisione della famiglia di rendere note tramite le piattaforme social le foto del cadavere di Mario, appeso alla libreria del suo appartamento con una pashmina di seta attorno al collo. «Dopo aver visto quelle immagini ci ha chiesto di inviargli tutto, sia i fascicoli spagnoli che le perizie italiane – continua la madre – Nel giro di pochi mesi ha scritto una sua relazione finale in cui afferma che senza alcun dubbio si tratta di omicidio». Un parere che secondo i familiari del cameraman potrebbe avere un peso decisivo, soprattutto in Spagna. Secondo il documento stilato dal criminologo barcellonese l’autopsia eseguita dal medico legale spagnolo conterrebbe delle «falsità ideologiche».

«Nel referto c’è scritto che fu seguito un metodo preciso che implica anche l’apertura del cranio, ma la testa di mio figlio non l’ha nemmeno aperta – spiega Santina – Stessa cosa per lo stomaco: il medico spagnolo scrisse di averlo trovato vuoto, mentre il professore Paolo Procaccianti, nominato dal tribunale di Palermo, parlò di residui di carne. Molte cose non combaciano. Sembra che, trattandosi di un ragazzo italiano, abbiano fatto le cose un po’ alla cagnesca». Intanto anche a Palermo il caso sembra attraversare una fase di stallo. Fino a un mese fa serpeggiava il timore che i magistrati potessero archiviare il fascicolo, motivo per cui la famiglia ha deciso di fare richiesta di avocazione. Le sorti dell’inchiesta passano quindi alla Procura generale, dalla quale si aspettano a breve delle risposte.

«Noi siamo sempre speranzosi e positivi, perché è da quattro anni che crediamo nella giustizia e che lottiamo per averne, non cerchiamo vendetta – dice ancora la madre – Ho provato ad appellarmi anche alla Procura spagnola, ma purtroppo Raquel si è opposta a ogni richiesta di apertura del caso. Questo suo atteggiamento ci fa pensare che forse non vuole che venga fuori la verità, lei si scusa dicendo che lo sta facendo per proteggere l’immagine di Mario, ma lui è stato infangato già abbastanza: è passato per cocainomane, per alcolizzato, per erotomane, cosa c’è da proteggere ormai?». Al danno, però, potrebbe aggiungersi anche la beffa. «Sabato mattina alla famiglia Biondo è stato notificato un atto della Corte d’appello di Palermo col quale si formalizza la richiesta di validazione della sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti in merito alla denuncia per molestie sporta dalla signora Raquel Sanchez Silva nel marzo 2015», spiega l’avvocata dei Biondo, Carmelita Morreale. «Richiesta specifica di esecuzione della sentenza seguita da una richiesta risarcitoria di tremila euro».

La famiglia è decisa a opporsi e a portare avanti le proprie motivazioni, ma il margine di manovra resta ristretto. «È già di per sé estremamente sgradevole che la sentenza stia avendo corso, la signora non ha desistito – aggiunge l’avvocata – Avrebbe potuto fare un passo indietro, sarebbe stato quantomeno un gesto elegante e di cortesia, di buongusto anche. In una situazione del genere penso che si debbano comprendere i genitori che stanno vivendo questo dramma. Un minimo di sensibilità imporrebbe che non ci sia accanimento nei loro riguardi, cosa che invece secondo noi c’è stata».

Silvia Buffa

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