Si va avanti. Così ha deciso la gip Gabriella Natale, che ha respinto la seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo per l’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi la sera del 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Una decisione dovuta all’opposizione mossa dall’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Agostino, secondo cui il delitto dei due coniugi «è nella storia giudiziaria italiana probabilmente il primo per il quale si sia raggiunta prova certa che esso è stato ideato, organizzato, eseguito e, una volta commesso, depistato in cooperazione fra Cosa nostra e apparati deviati dello Stato». A metà febbraio le parti si confronteranno in udienza, dopo la quale la giudice dovrà decidere se predisporre nuove indagini, rinviare a processo i tre indagati – i boss Gaetano Scotto e Antonino Madonia e l’ex agente Giovanni Aiello, detto faccia da mostro – o chiudere tutto e optare per l’archiviazione.
Archiviazione che già in passato i pm impegnati sul caso, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, avevano richiesto. Ma a respingerla, in quel caso, era stata la gip Maria Pino, che aveva predisposto lo svolgimento di nuove indagini. E nel corso dell’anno appena concluso non sono mancate le novità, a cominciare dal riscontro positivo ottenuto con il confronto all’americana del 26 febbraio 2016 nell’aula bunker dell’Ucciardone. In quell’occasione Vincenzo Agostino, padre dell’agente ucciso, aveva riconosciuto in Aiello una delle due persone che settimane prima del delitto era andata a Villagrazia di Carini a cercare il figlio. Secondo i pm, però, avrebbe potuto influire negativamente sul riscontro il lungo lasso di tempo intercorso tra l’epoca dell’omicidio e il momento dell’individuazione personale, oltre ai cambiamenti fisici dell’imputato e alla divulgazione, nel tempo, della sua immagine in ambito mediatico.
Ma a questo si aggiunge anche quanto accertato grazie a un’informativa della Dia di aprile e a un’altra della Squadra mobile del luglio 1989, nelle quali emerge nero su bianco che l’agente ucciso era di turno come scorta il giorno previsto per l’attentato a Falcone e nel giorno del ritrovamento dell’ordigno, il 20 e il 21 giugno 1989. Sarebbero molti secondo il legale i presupposti per continuare le indagini, che potrebbero ripartire proprio dai colleghi che in quei giorni di giugno erano di turno insieme ad Agostino e che nessuno, finora, ha mai interrogato. Non coglie di sorpresa, dunque, la decisione presa alcune settimane fa dalla gip. «La notizia sarebbe stata se non avesse fissato l’udienza», commenta infatti l’avvocato Repici, che appare sicuro anche su quello che accadrà all’udienza: «Nulla che non sia prevedibile – dice – Discuteremo della richiesta di archiviazione e della mia opposizione. La notizia sarà quando la Gip deciderà». A lasciare aperta un’ulteriore porta è anche quanto scritto nella stessa richiesta di archiviazione firmata a novembre scorso dai magistrati, in cui si legge che sarebbe «tuttora in corso una complessa e articolata attività d’indagine, in corso di svolgimento nell’ambito di autonomo procedimento».
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