Il gruppo musicale
Casa del Vento ha quasi concluso il suo tour siciliano. Dopo San Cataldo, Sampieri, Piazza Armerina, Bagheria e Palermo. Una permanenza in terra sicula molto positiva per il gruppo aretino: «Un posto bellissimo – hanno commentato – ricco di storia ma allo stesso tempo con una sensazione di grande contrasto. Quello che ci ha particolarmente colpito, è stata l’architettura sfrenata, la natura e le tracce del passato che rendono questo luogo unico». Secondo il gruppo musicale la svolta per superare i lati negativi dell’isola, sarebbe quella di uno shock culturale. Per far ciò – aggiungono i musicisti – bisogna partire dall’educazione e dalla scuola che a volte ha le mani legate, perché esistono mezzi di comunicazione, come la televisione, che sono volgari e stupidi». La band punta il dito contro un certo uso dei media degli ultimi anni, che «fa male ai ragazzi. Dai vent’anni di Berlusconismo al mondo dei selfie e tweet di Matteo Renzi. Questa è superficialità». Alcuni dei temi caldi che bisogna affrontare per ottenere un cambio di direzione in Sicilia sono estendibili al resto del Paese.
Secondo la Casa del Vento, il cambiamento parte anche dal lavoro «molto difficile e delicato» che spetta agli insegnanti: «Devono creare delle coscienze per il rispetto dei singoli e devono essere molto sensibili per portare avanti cose che servono a tutta la comunità. Questo diventa un elemento di ricchezza per le relazioni». Un altro tema che dovrebbe essere tra i primi posti nell’agenda politica in Sicilia, secondo il gruppo combat folk, è garantire la possibilità ai giovani di poter svolgere delle attività lavorative o dei percorsi secondo le loro aspettative. «A volte, però, molti ragazzi vanno via. E questa è una sconfitta. Evidentemente non si vuole recepire questo fenomeno a livello politico, culturale e dal punto di vista della mentalità».
Ultimo argomento che tiene banco nell’Isola per la
Casa del Vento è il fenomeno dell’immigrazione. Secondo la band «bisogna stimolare la crescita di ogni bambino insieme anche ad un altro di una diversa cultura, attraverso l’acquisizione di doveri e di diritti». «Anche noi italiani siamo stati emigrati – concludono – lo dice la storia».
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