Casa Apriti Cuore, progetto per emancipare i giovani «È un modo concreto per imparare a stare al mondo»

Autonomia, relazioni sociali e soprattutto emancipazione. È tutto questo che la onlus Apriti Cuore aspira a realizzare attraverso il progetto Casa Apriti Cuore, un appartamento in via Emilia confiscato alla mafia e che ha ufficialmente aperto le sue porte questa mattina, in presenza del sindaco Orlando e dell’assessore alla Cittadinanza solidale Giuseppe Mattina, a tre ragazzi neo maggiorenni, due stranieri e una italiana. Ma a loro se ne aggiungeranno a breve altri tre, per un totale di sei inquilini che potranno vivere in autonomia nell’appartamento per un anno intero. La casa sarà utilizzata per realizzare dei percorsi di housing first. Cosa significa? Che i giovani «avranno la possibilità di imparare in modo concreto a stare al mondo». Ci crede fermamente Maria Bisesi, presidente della onlus che dal ’99 si occupa di tutela dei minori.

Questa possibilità verrà data ai ragazzi che hanno concluso il percorso in comunità e che si apprestano quindi a iniziare un capitolo nuovo della propria vita, quello della fase adulta, in cui dovranno fare i conti con l’imparare a vivere e a cavarsela da soli. «Sono tutti ragazzi che noi conosciamo molto bene, che abbiamo seguito negli anni e che adesso escono fuori da una struttura con operatori e figure su cui finora si sono appoggiati – spiega Bisesi -. Hanno un lavoro e quindi sono in grado di pagare le utenze e gestire le spese. Ma dovranno anche imparare a relazionarsi con il resto dei condomini del palazzo. Insomma, è un modo per confrontarsi con la vita di tutti i giorni».

Ad affiancarli in questo delicato passaggio all’età adulta ci sarà un tutor, che li seguirà nei momenti più delicati e soprattutto nel confronto con gli uffici pubblici, soggetti ai quali i ragazzi guardano adesso per la prima volta da soli. «Hanno accolto tutti molto bene questo progetto, ma sono consapevoli che non sarà semplice affrontare i vari aspetti che questo passaggio porrà loro davanti – continua la presidente -. Sanno bene che adesso non ci sarà più l’operatore a fare da tramite fra loro e il mondo fuori». L’appartamento, pensato come una casa per studenti, sarà per questi giovani un punto di riferimento importantissimo. Qualcosa da cui partire per mettersi in gioco, viversi e sperimentarsi.

«Ogni cosa si deve collocare nel tempo, deve avere un suo inizio e una fine – dice ancora Bisesi -. Il percorso fatto in struttura è terminato e ora devo affacciarsi, col nostro aiuto, a quello successivo e che, terminato a sua volta, li porterà a essere pienamente indipendenti e in grado di vivere da soli assumendosi tutte le responsabilità del caso». Un approccio, quello pensato dalla onlus, innovativo nelle politiche di contrasto all’emarginazione sociale, che prevede l’inserimento diretto delle persone che vivono per strada o che rischiano di vivere per strada perché fuori dai percorsi, in appartamenti indipendenti. Un approccio che si adatta bene alle esigenze di questo target di soggetti fragili come i neomaggiorenni prossimi alla fuoriuscita delle strutture.

«L’utilizzo dei beni confiscati per il bene comune è una scelta prioritaria dell’amministrazione – hanno dichiarato il sindaco Orlando e l’assessore Mattina -. Tantissimi beni sono oggi utilizzati per accogliere persone in difficoltà e per offrire servizi innovativi ed essenziali. L’attenzione ai neomaggiorenni e a chi esce da percorsi di istituzionalizzazione è una scelta importante perché ci permette di accompagnare all’autonomia i nostri giovani e proporre loro un percorso di crescita e socializzazione».

Silvia Buffa

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