«Come Tancredi con lo zio Don Fabrizio principe di Salina». Fare riferimento a una delle citazioni più utilizzate – spesso a ragione – della letteratura per parlare di cose di Sicilia potrebbe apparire scontato. Eppure, le polemiche divampate ad Acireale all’indomani della pubblicazione del bando di concorso per la partecipazione al Carnevale riportano alla mente le parole di uno dei personaggi più emblematici della cultura siciliana, quello del «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». A pensarlo in un certo senso è anche Antonio Coniglio, presidente della Fondazione Carnevale nonché principale bersaglio delle critiche di chi guarda con sospetto alle novità presenti nel bando, tra le quali la scelta di non far più sfilare i carri allegorici lungo il circuito facendoli esibire da fermi.
Ci troviamo di fronte a un gattopardo in salsa acese?
«Beh, stando ad alcune reazioni, il riferimento non è poi così insensato».
Eppure nel Gattopardo le cose, affinché rimangano così come sono, devono cambiare. Ad Acireale, invece, sono le novità a esser mal digerite.
«Sì, ma è anche vero che mi pare di capire che buona parte delle persone che temono questi cambiamenti sono le stesse che negli anni addietro non hanno esitato a lamentarsi della stagnazione del Carnevale, prevedendone anche un’anticipata fine. La realtà è che in città c’è una forte resistenza al cambiamento, anche quando questo non è poi così profondo».
Non lo è? C’è già chi grida allo scandalo e al mancato rispetto della tradizione.
«Bisognerebbe innanzitutto capire cosa si intende per tradizione. Personalmente credo che il cuore del nostro amato Carnevale siano la cartapesta e i carri infiorati, di certo non il fatto che i carri sfilino o si esibiscano da fermi. Si tratta di una soluzione logistica, che può essere rivista ma che andrebbe valutata senza pregiudizi».
Si è parlato di questioni di sicurezza, ma c’è chi ha fatto notare come il martedì grasso sia prevista la consueta parata.
«Il problema sicurezza c’è. Le strade in cui passano i carri sono strette e il fatto che a oggi nessuno si sia fatto male non riduce la quantità di rischi che si possono correre nel corso delle manovre. Senza contare l’aspetto ambientale dell’avere costantemente in movimento i carri. Riguardo al martedì, la scelta di far girare i carri come di consueto deriva sia dalla volontà di assecondare in parte il sentire comune che dal voler dare la possibilità ai carri di confluire in Piazza Duomo al momento della premiazione».
Come ci si sente a dover fronteggiare polemiche di carattere logistico, mentre in mente si ha una vera e propria rivoluzione del Carnevale?
«Sì, fa il suo effetto. L’edizione 2015, come annunciato, vuole essere di transizione verso il reale obiettivo della Fondazione, che è quello di innovare profondamente una manifestazione che, se continuasse come ha fatto negli ultimi decenni, è destinata a morire».
L’ex sindaco Garozzo non la pensa così e ha ricordato che Il Sole 24 Ore ha dichiarato quello di Acireale il terzo carnevale più importante d’Italia.
«Non voglio confutare i dati di una testata prestigiosa come Il Sole 24 Ore, ma voglio porre un quesito: cosa deve essere per Acireale il Carnevale? Rispondere a questa domanda è fondamentale».
Perché?
«Perché se stabiliamo che l’obiettivo è quello di attirare il pubblico dell’hinterland o tutt’al più della regione allora si può anche pensare di lasciare tutto così com’è. Se invece vogliamo trasformare il Carnevale in qualcosa che faccia da traino per l’intera comunità, iniziando a pensare Acireale come città della cartapesta, traguardo capace di smuovere l’economia locale, attirando turisti da fuori e creando un reale indotto, allora la strada da percorrere è diversa».
Per quello però ci vogliono fondi ben più cospicui di quelli a disposizione della Fondazione.
«È vero, ci vogliono risorse. Ma come dobbiamo sperare di ottenerle se non creiamo un prodotto che sia culturalmente e turisticamente appetibile? Intendiamoci, la nostra intenzione è quella di concentrarci sempre su carri allegorici e infiorati, ma il Carnevale per spiccare il volo deve essere anche altro. Dobbiamo riuscire ad attirare sponsor importanti e l’interesse dei tour operator».
Ed è in quest’ottica che si inserisce l’idea del Carnevale del Mediterraneo.
«Si tratta della nostra vision. Un obiettivo a cui puntiamo per i prossimi anni. Ritengo che guardare al Mediterraneo abbia più senso, da un punto di vista storico e culturale, rispetto a fare la corsa sui carnevali mitteleuropei. Le nostre radici, a dimostrazione di come la Fondazione non abbia di certo interesse a dimenticare la tradizione, sono diverse».
Intanto, però, ci sono le polemiche. E queste provengono non solo dai cittadini comuni ma anche dai carristi: è di oggi la richiesta di dimissioni da parte del cantiere Ardizzone.
«Coi carristi, in questi mesi, ho instaurato un buon rapporto. Li incontro spesso e devo dire che entrare nella Cittadella del Carnevale e vederli lavorare è qualcosa di magico. Lì c’è la vera anima popolare di Acireale, persone che maneggiando la carta creano arte. Comprendo bene le diffidenze che i carristi possono avere nei confronti delle novità: per molti, infatti, si tratta di un’attività che dà da vivere per tutto l’anno e i timori di perdere ciò che si ha, specie se consideriamo i trattamenti ricevuti in passato, sono comprensibili. Ma voglio rassicurarli: il desiderio della Fondazione è quello di riuscire ad ampliare il loro lavoro. Da un Carnevale migliore, i carristi non potranno fare altro che guadagnarci».
Il Carnevale, però, potrebbe trasformarsi in un boomerang per l’amministrazione in termini di consenso. Non teme che da Cambiamo Acireale possa arrivare l’invito a rallentare l’innovazione?
«Sinceramente, no. Anzi, le dico una cosa: l’onorevole Nicola D’Agostino è tra più decisi a continuare lungo la strada del cambiamento. Quindi, a oggi, non ho problemi a dire che non ho ricevuto alcuna pressione; da parte mia, però, posso affermare che la volontà è quella di confrontarmi e, se il caso lo richiederà, anche di ritornare sulle decisioni; ma tutto deve avvenire all’insegna del desiderio di migliorarsi. Non certo di tenere le cose così come stanno quasi ci trovassimo davanti a dei tabù intoccabili».
Ci sono novità sulla direzione artistica? Si è parlato di Guglielmo Ferro.
«Sì, Ferro porterà la sua esperienza e il suo estro con l’obiettivo di alzare la qualità della manifestazione. Posso dire che il suo contributo sarà a titolo gratuito».
E Giulio Vasta? In città ci si divide tra chi lo critica e chi lo difende.
«Vasta farà parte anche lui della squadra. Con l’esperienza del Carnevale estivo ha dato prova, qualora ce ne fosse stato il bisogno, della grande conoscenza che possiede della macchina organizzativa. Si sbagliava chi credeva che il cambiamento dovesse per forza passare dalla sua esclusione».
Tra le novità che il pubblico troverà ci saranno i giochi popolari.
«Si tratta di un’ulteriore riprova del nostro interesse nei confronti della tradizione. Il Carnevale può essere cultura, deve essere cultura. Lo svago, che a Carnevale rimane sacro, non per forza deve essere confinato a bombolette di schiuma e musica ad alto volume».
In attesa di introdurre un giorno il ticket per il circuito.
«È un’ipotesi che abbiamo intenzione di valutare con estremo interesse. La sostenibilità economica della manifestazione, specialmente in tempi di crisi, è un aspetto importante da tenere a mente. Il ticket, che sarebbe rivolto ai turisti e non certo ai residenti, potrebbe dare una mano dal punto di vista finanziario come anche la lotteria che introdurremo già a partire dalla prossima edizione: acquistando il biglietto si potrà non solo concorrere alla vincita dei premi in palio, ma si potrà anche votare il carro preferito, facendo così parte della giuria popolare».
Pentito dell’aver accettato il ruolo di presidente della Fondazione?
«No, per nulla. Stimolato, semmai. Le critiche fanno parte della democrazia. Da parte mia continuerò a lavorare a tempo pieno per una buona riuscita della manifestazione, nella speranza di fare ricredere anche i più scettici».
[Foto di Francine]
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