Carlo e Fabio Ingrassia, ventinovenni, sono due artisti catanesi che curano i soggetti delle loro opere per mesi, lavorando contemporaneamente sullo stesso punto in un disegno che alla fine si rivela scultura. Ad aiutarli nel loro meticoloso procedimento non è solo il fatto che uno sia destro e l’altro mancino ma anche le diverse capacità che hanno sviluppato. Carlo infatti si occupa di definire il tratto del disegno e Fabio pensa a raccordare le linee attraverso il colore per arrivare a un tutt’uno nel quale non si distingue più dove abbia finito l’uno e dove abbia incominciato l’altro. La curiosità che siano gemelli omozigoti, poi, è un dato che fa pensare ad una complementarietà non solo genetica.
«Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2009 e sebbene abbiamo frequentato prima l’Istituto statale d’arte e poi la sezione scultura dell’Accademia di Belle Arti di Catania – raccontano – abbiamo sviluppato la nostra tecnica nel nostro studio, nel tentativo reciproco di superarci». Il loro studio è il salotto di casa «dove – dicono – ci siamo educati alle cose ben fatte» e dove affermano di disegnare per desiderio e non per bisogno di farlo.
Gli strumenti del loro mestiere sono tanti e fanno bella mostra sul tavolo da lavoro. «I nostri medium – spiegano – sono i pastelli a grana dura o morbida, trattati anche con carta abrasiva e pietra d’agata», ma non solo. Ci sono lamette, seghetti, unghiette di varie dimensioni, pinzette, coltellini e bisturi, quasi come in un tavolo chirurgico. E ancora pesi di diverse dimensioni per calibrare le due lampade che utilizzano, una a luce calda e una a luce fredda «per evitare le ombre».
Fabio e Carlo lavorano per il pubblico sia di notte che di giorno e per loro un’opera si può dire conclusa solo nel momento in cui entra in contatto con l’osservatore esterno. A questo si lega anche l’approccio positivo nei confronti della vendita delle realizzazioni. «Pensiamo, ad esempio, che un quadro abbia più cose da dire all’esterno dello studio in cui è stato concepito e realizzato che al suo interno ma – continuano – non ci piace parlare di lavoro perché la creatività non può essere definita tale». Insistono ancora dicendo che «lopera darte ha bisogno di testimoni» e tentano un paragone con il mestiere del padre, ufficiale di stato civile del Comune di Catania: «Così come lui scrive atti di nascita noi scriviamo atti di arte».
I due artisti etnei hanno collezionato partecipazioni a diverse mostre collettive e personali, anche di respiro internazionale, e premi. Di recente sono stati presenti alla manifestazione di arte contemporanea del ragusano intitolata Vittoria sperimenta, mentre nei prossimi mesi saranno ospiti alla Biennale di Venezia, terranno una personale alla Galleria Van Der di Torino e una a Pesaro, e parteciperanno ad un workshop a cura di Daniela Bigi presso il Museo di arte moderna e contemporanea di Palermo. Malvolentieri concedono una battuta sulla condizione dell’attuale arte etnea e si limitano ad un secco: «La Sicilia si è sempre distinta per la qualità della ricerca poetica».
[Foto di Carlo e Fabio Ingrassia]
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