Carcere e diritti, dalla polizia penitenziaria ai detenuti Agenti in sciopero della fame e corteo per l’amnistia

Da cinque giorni è in sciopero della fame, la sua protesta si è svolta anche davanti all’Ucciardone. La voce è flebile ma l’urgenza di avere risposte lo spinge ad andare avanti e a raccontare le condizioni in cui lavorano gli agenti di polizia penitenziaria in Sicilia e in particolare a Palermo. «La carenza di personale si è ormai cronicizzata, le condizioni igienico-sanitarie sono scadenti – spiega con un filo di voce Maurizio Mezzatesta, segretario regionale Ugl carceri – e in alcuni istituti, oltre a ore di straordinario non pagato, soffriamo la mancanza di dialogo con i nostri superiori che si traduce in un sentimento di sfiducia, è come se vivessimo una grave crisi d’identità professionale». 

Alle precarie condizioni di lavoro si aggiunge, riferisce il sindacalista, «la rabbia legata al fatto che in dieci anni in tutta Italia si sono verificati almeno 100 suicidi. Negli ultimi due mesi due dei nostri colleghi che lavoravano al Pagliarelli hanno deciso di togliersi la vita – continua il segretario dell’Ugl carceri -. Che sia o meno questo connesso, come è possibile, con la loro attività professionale, non ci hanno fatto fare colloqui con delle figure professionali adeguate, come degli psicologi, come sarebbe indicato. Quindi ogni volta che si verificano episodi di questo tipo noi ci sentiamo abbandonati». 

Quello dell’agente penitenziario è un lavoro delicato, ricorda Mezzatesta, «dall’Ucciardone per esempio sono passati anche dei terroristi. Questo carcere è l’icona delle carceri italiane. È stato al centro anche di fatti storici come la Rivolta del Sette e mezzo. Qui ci sono state anche delle vittime di mafia come Calogero Di Bona, del quale ancora non è stato ritrovato il corpo». Ma non finisce qui. «In alcuni istituti di vecchia generazione le condizioni sono rimaste quelle del 1870 – prosegue Mezzatesta – non c’è nessun servizio automatizzato. I locali sono umidi». Domani è l’ultimo giorno di sciopero della fame ma «abbiamo deciso con il segretario regionale Antonio Piazza di riproporre questa forma di protesta con altri cinque giorni di sciopero il prossimo mese – conclude Mezzatesta –  noi non dobbiamo rimanere soli e non lo siamo. Abbiamo avuto tanti messaggi di solidarietà». 

Mentre da una parte la polizia penitenziaria protesta per i propri diritti, dall’altra la redazione di Antudo.info ha portato avanti  la seconda edizione di una settimana di iniziative che ha voluto e permesso la ricostruzione della memoria proprio in merito alla rivolta popolare del Sette e Mezzo del 16 settembre 1866 a Palermo. Oggi è il momento conclusivo con un corteo popolare per l’amnistia indetto insieme al centro sociale Anomalia e che, partendo alle ore 18 da Largo Alfano nel quartiere di Borgo Vecchio, cerca di accendere i riflettori sul sovraffollamento delle carceri e le condizioni di vita dei detenuti. «Abbiamo ripercorso la storia di quelle giornate in cui i rivoltosi assaltarono il carcere dell’Ucciardone  – dicono gli organizzatori – per liberare i detenuti attualizzando, così, una battaglia contro lo strumento punitivo del carcere. Giungendo sino al carcere dell’Ucciardone abbiamo rivendicato, insieme ai detenuti e le loro famiglie, amnistia contro il sovraffollamento, stop alla dispersione affinché la pena venga scontata nella propria città di appartenenza e vengano così evitati alle famiglie i notevoli costi economici che implicano i diversi spostamenti per i colloqui».

 «Insieme a noi c’erano bambini e famiglie del quartiere, c’è stata una buona risposta da parte loro – dice Emmanuele Surdi di Anomalia – tanti i cori per chiedere l’amnistia e di solidarietà a chi si trova in carcere. Ma anche per chiedere una casa e un reddito per tutti. Arrivati davanti all’Ucciardone abbiamo salutato i detenuti e abbiamo messo uno striscione davanti al carcere». 

Stefania Brusca

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