Cara Mineo, proposta M5s di farne un polo militare «Formazione per affrontare terrorismo e maltempo»

«Trasformare l’attuale Cara di Mineo in un polo addestrativo e di formazione per le forze armate, le forze dell’ordine, la protezione civile e i vigili del fuoco sia per la cooperazione militare che per iniziative di peacekeeping (mantenimento della pace, ndr)». È la proposta avanzata da una cinquantina di parlamentari del Movimento 5 stelle in un’interrogazione parlamentare presentata durante la seduta dello scorso 21 marzo al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e ai ministri della Difesa e degli Esteri Elisabetta Trenta ed Enzo Moavero Milanesi. Il primo firmatario dell’interrogazione, sottoscritta da tutti i deputati siciliani pentastellati, è Gianluca Rizzo, presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati, che a MeridioNews sottolinea di «escludere un’etichetta prettamente militarista della proposta».

Quello che fino a pochi mesi fa è stato il centro di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa, è un villaggio fatto da diverse palazzine e strutture ricreative e di servizio realizzato dal gruppo Pizzarotti spa a partire dal 1997. Prima di diventare un Cara, la struttura del Villaggio degli Aranci ha ospitato i militari della marina statunitense in servizio nella base di Sigonella. Qualche mese fa, è arrivato l’annuncio del ministro dell’Interno Matteo Salvini in merito alla chiusura del Cara, tanto che sono già iniziati gli allontanamenti dei migranti. Tra le ipotesi dei proprietari del sito, una volta che sarà svuotato, c’è anche quella della demolizione della struttura. Adesso, i deputati pentastellati, invece, vorrebbero farne un «polo di eccellenza europeo e mondiale in grado di valorizzare le capacità italiane nel campo dell’istruzione delle forze armate», come si legge nell’interrogazione. 

«Perché non pensare di addestrare dei piccoli gruppi esteri anche in Italia? Si agirebbe in tal modo su due fattori delicatissimi come la sicurezza dei nostri soldati altrimenti impegnati in missioni internazionali all’estero (SomaliaMaliRepubblica centroafricanaLibano, PalestinaIraqGibuti) anche in teatri ostili e il risparmio economico», spiega Rizzo prendendo a esempio altre iniziative nel territorio nazionale che prevedono «l’affiancamento e l’addestramento di personale straniero, come le guardie costiere libiche a Frosinone o le varie iniziative presso le scuole della marina militare a Taranto». Come riportato nel documento «il consiglio dell’Unione europea ha adottato una decisione con cui è stata istituita la cooperazione strutturata permanente (Pesco) in materia di difesa». Nasce da qui la richiesta del Movimento 5 stelle di recuperare della struttura del Cara di Mineo attraverso «progettualità legate al mondo della difesa con compiti di formazione» per «ravvicinare gli strumenti di difesa, in particolare armonizzando l’identificazione dei bisogni militari e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica», si legge nell’interrogazione. 

La proposta, che dovrebbe comunque poi essere anche sottoposta a un vaglio tecnico ed economico, «non è la sola destinazione possibile per quel sito – risponde Rizzo – ma bisogna partire da iniziative che convergano con gli intenti indicati dal governo e sfruttare l’esperienza positiva e l’alta considerazione che l’Italia ha in questo settore. Inoltre – aggiunge il deputato – creando una struttura di questo tipo al Sud si potrebbero anche avvicinare tanti uomini e donne alle loro terre di origine». Una destinazione che potrebbe contrastare con gli ideali antimilitaristi del Movimento 5 stelle. «L’addestramento e la formazione di civili e militari per renderli capaci di affrontare con professionalità le sempre più frequenti iniziative di destabilizzazione della società – afferma Rizzo – sia di carattere terroristico che legali agli effetti del cambiamento climatico, non credo contrasti con il buon senso. Il M5s ha sempre voluto la chiusura del Cara – conclude – ma è necessario, adesso, proporre iniziative che creino un indotto nel territorio». 

Marta Silvestre

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