Dopo un difetto di notifica, che aveva fatto slittare l’appuntamento del 3 aprile, entra nel vivo l’udienza preliminare sull’inchiesta che riguarda il centro richiedenti asilo di Mineo. Davanti il giudice Santino Mirabella ha preso la parola la sindaca del Comune calatino Anna Aloisi, l’ex direttore del consorzio Calatino terra d’accoglienza Paolo Ragusa e Giovanni Ferrera, ex direttore generale del consorzio. I tre, insieme ad altre 13 persone, sono indagati a vario titolo con l’accusa di turbativa d’asta, per la concessione dell’appalto dal 2011 al 2014, e corruzione. Ma anche oggi hanno negato ogni addebito ribadendo la correttezza del loro operato. Dietro il centro per migranti, stando alla posizione della procura di Catania, ci sarebbero state però anche promesse di assunzioni in cambio di sostegno elettorale, in relazione ai gruppi politici del Popolo delle libertà, lista Uniti per Mineo e Nuovo centro destra. Quest’ultimo è il partito in cui militava anche uno dei principali protagonisti dell’inchiesta, ovvero il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione. All’epoca dei fatti presidente della provincia di Catania e anche soggetto attuatore del Cara.
La strada processuale per il plenipotenziario in Sicilia del ministero Angelino Alfano si è però separata da quella degli altri indagati. Castiglione ha ottenuto lo stralcio della sua posizione grazie alla richiesta, accolta dal giudice, di procedere con il rito del giudizio immediato. Una scelta precisa, con la prima udienza che non è stata ancora fissata, che ha consentito al politico originario di Bronte di evitare il fardello di un possibile rinvio a giudizio. Nel filone processuale di oggi, con le prossime udienze fissate per il 6 e 7 aprile, hanno ottenuto l’ammissione come parti civili la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno. Tra gli imputati c’è anche Luca Odevaine, ex componente del Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo già coinvolto nell’inchiesta Mafia capitale, della procura di Roma.
Secondo l’accusa, rappresentata in aula dai magistrati Marco Bisogni e Raffaella Vinciguerra, alcuni degli indagati avrebbe fatto in modo di «predisporre il bando di gara con la finalità di affidamento all’associazione temporanea d’impresa appositamente costituita» riferibile al gruppo La Cascina. Un raggruppamento formato da alcune cooperative che avrebbero «ricevuto rassicurazioni» sull’esito finale del bando.
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