Non ci sono alternative: dopo i mesi di luglio e agosto il Centro d’accoglienza richiedenti asilo di Mineo deve essere chiuso. È l’opinione comune dei parlamentari della commissione d’inchiesta, impegnati in una due giorni di missione tra la struttura nel cuore del calatino e gli uffici di palazzo Minoriti, sede della prefettura etnea, dove sono state ascoltate decine di addetti ai lavori. «Non è un luogo per l’accoglienza – spiega Federico Gelli, presidente Pd della commissione – e nello stesso tempo non si può nemmeno pensare di farlo offrendo un materasso e un piatto di riso». L’obiettivo, almeno secondo i parlamentari, è quello di effettuare un progressivo svuotamento del centro, che a oggi conta 3359 ospiti, per poi arrivare alla chiusura definitiva. «Da un centro come quello di Mineo possono arrivare solo problemi di natura illegale in un contesto di politiche assolutamente inefficienti», conclude Gelli.
Con hotspot a Mineo grossi problemi gestionali
La commissione, che non ha poteri esecutivi ma solo ispettivi, adesso passerà la patata bollente al governo e in particolare ad Angelino Alfano. Titolare del Viminale e grande sostenitore dell’accoglienza modello Cara. «Sembra che loro vogliano andare verso altre direzioni», chiosa il vicepresidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Brescia. Su Mineo non ci sono soltanto le attenzioni della politica ma sopratutto quelle della magistratura. Dall’inchiesta Mafia Capitale ai fascicoli aperti dalle procure di Catania e Caltagirone per fare luce su un presunto giro di corruzione e appalti pilotati. A susseguirsi nelle audizioni, trascritte ma con contenuto segretato, sono stati anche i procuratori Carmelo Zuccaro, Giuseppe Verzera e quello di Siracusa Francesco Paolo Giordano.
I magistrati, secondo quanto riferito in conferenza stampa dai deputati, si sarebbero soffermati anche sull’attivazione delle procedure hotspot a Mineo. Acronimo delle operazioni di pre-identificazione dei migranti normalmente attive in strutture di transito e quindi opposte al Cara, dove gli ospiti attendono l’esito delle procedure di richiesta d’asilo per diversi mesi. «Ci sarebbero grossi problemi gestionali e c’è grande preoccupazione su questo punto», ribadiscono in coro i parlamentari, tra cui Giovanni Burtone (Pd) e Marialucia Lorefice (M5s). Nonostante non ci sia un protocollo ufficiale, le operazioni – specie nei periodi in cui gli sbarchi aumentano – sarebbero state già in esecuzione da mesi, come rivelato da un approfondimento di MeridioNews. Il governo adesso vuole rendere ufficiale il tutto individuando la data del 20 luglio come quella della possibile apertura. Nell’attesa è stata già bandita la gara d’appalto per la recinzione. La commissione sul punto chiede tempo, sottolineando «l’assoluta contrarietà» e l’intenzione di convocare «con estrema urgenza», il prefetto Mario Morcone (capo dipartimento del Viminale per le Libertà civili e l’immigrazione, ndr).
Sul piatto ci sono anche una serie di proposte alternative e qualche novità. «Il modello che dovrebbe essere portato avanti è quello degli Sprar, che sono strutture piccole e che riescono ad accogliere con il supporto degli enti locali». Tra i punti, anche quello di un progetto portato avanti dalla capitaneria di Catania per organizzare al meglio gli sbarchi al porto etneo. «Ci hanno informato che vogliono destinare una banchina a queste specifiche operazioni». Un nuovo hotspot volante come quello attivato con tensostrutture ad Augusta? «No», assicurano i parlamentari.
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