Cara di Mineo, scoppiata una nuova rivolta Associazioni: «Migranti privati del bonus»

Dopo la protesta dello scorso mese, tornano le tensioni al Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo. A renderlo noto in un comunicato la Rete antirazzista catanese che da mesi denuncia le condizioni di vita degli ospiti del Cara. Ieri mattina la tensione sarebbe scoppiata a seguito di un litigio fra alcuni operatori del centro e gli ospiti in fila presso il servizio di mensa, nonché dell’arresto di un ragazzo del Mali. Le dinamiche dei fatti non sono chiare e le versioni di chi denuncia e di chi gestisce il centro discordanti.

Di certo alcuni dei 3300 ospiti del Cara – «centinaia» secondo quanto riportato dalla Rete antirazzista, «non più di una sessantina» a detta del direttore della struttura Ianni Maccarone – hanno protestato contro gli operatori, tanto che questi ultimi sono stati «prima fatti rimanere dentro i propri uffici e poi fatti uscire senza percorrere la via principale della residenza», racconta Maccarone. Secondo la Rete, gli operatori sono stati evacuati ma «all’interno del Cara sono rimasti centinaia di richiedenti asilo in balia dei militari impegnati a sedare con la forza le proteste. Per ore a nessuno è stato permesso di entrare o uscire dal centro dal quale si sono elevate sospette colonne di fumo». Ma il direttore chiarisce che «gli ospiti possono entrare e uscire come tutti i giorni perché il nostro non è un sistema di reclusione» e che «il fumo è dovuto a alcuni cassonetti che sono stati bruciati per protesta». La Rete denuncia anche, secondo il racconto di alcuni migranti sentiti al telefono, che la rappresaglia avrebbe portato al «danneggiamento di varie automobili civili presenti all’interno della struttura, compresa un’ambulanza della Croce Rossa, e di diversi locali in seguito al lancio di pietre».

Il motivo della rivolta sarebbe quello della lunga attesa per i documenti necessari a restare in Italia. «Sono stanchi e comprendo il loro stato d’animo – dice il direttore – Ma il conflitto si è allargato anche tra loro stessi perché alcuni ospiti non erano d’accordo con il gruppetto dei facinorosi. Purtroppo, nonostante gli sforzi che facciamo, bastano 60 persone su tremila per far uscire le notizie sul giornale». Per la Rete antirazzista, che insieme all’associazione Borderline Sicilia Onlus e la sezione siciliana dell’Asgi chiede che il governo si faccia carico delle istanze degli ospiti del Cara, invece, la tensione sarebbe una conseguenza «non solamente dei tempi burocratici estremamente lunghi per l’ottenimento dei documenti e delle estenuanti attese per l’esame in Commissione, che hanno costretto numerosi ospiti a risiedere nelle strutture per ben due anni, ma in particolare di un avviso diramato dall’ente gestore del Cara nei giorni scorsi». Nell’avviso – denunciano le associazioni nel loro comunicato – «si invitano gli ospiti – in attesa della definizione dell’iter di riconoscimento della protezione internazionale e del contributo di 500 euro per la fuoriuscita dal centro prevista dal ministero dell’Interno nel provvedimento di chiusura dell’emergenza nord Africa – a rinunciare con una dichiarazione scritta al benefit economico, nel caso in cui avessero necessità di ottenere il loro permesso di soggiorno prima dell’emissione del pagamento da parte della banca».

Maccarone, però, smentisce: «Non richiediamo alcuna rinuncia. Semplicemente l’arrivo del permesso e quello del bonus non coincidono. E quindi, se loro aspettano, noi li seguiamo per tutto l’iter portandoli fino in banca per ritirare i soldi, se invece decidono di andare via appena hanno il permesso, dovranno fare tutto da soli». Il bonus di 500 euro arriva solitamente dopo il permesso con un po’ di ritardo, spiega Maccarone, «perché segue l’iter della banca che deve predisporre i mandati di pagamento nominativi. E, trattandosi di nomi particolari, con la richiesta dei documenti si perde un po’ di tempo». Ma i soldi, assicura il direttore, «sono un loro diritto».

Maccarrone rigetta anche le altre accuse rivoltegli dalle associazioni antirazziste, secondo le quali «numerose centinaia di richiedenti asilo vengono segregati nel mega Cara della vergogna – scrivono in una nota – Più di tremila migranti, in un luogo che potrebbe ospitarne duemila, per ingrassare il business del consorzio di cooperative che gestisce quest’ennesima galera etnica nella quale, anziché garantire una reale accoglienza ai richiedenti asilo, vengono dilapidate clientelarmente ingenti somme di denaro pubblico, relegando i migranti a un contesto di totale isolamento e ghettizzazione». Secondo Maccarone, invece, nessuno è ghettizzato né stipato. «Ci sono 404 villette di due piani senza mobili. In sette otto immigrati per casa stanno più che comodi. E abbiamo una portata di settemila pasti al giorno», dichiara. «Alcuni immigrati stentano a lasciare il Cara, anche dopo aver avuto le 500 euro, e noi diamo loro tempo. Nessuno li vuole buttare fuori con la forza».

Agata Pasqualino

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