Caporalato, tre arresti e nove denunce nel Ragusano «Dite che avete 50 euro per 8 ore, sennò vi licenzio»

«Dovete dire che prendete 50 euro per otto ore di lavoro, altrimenti vi licenzio». Mentre la polizia entrava in un’azienda agricola di Ispica, uno dei due fratelli titolari dell’attività, avrebbe minacciato così alcuni lavoratori impegnati nei campi. In realtà i 30 dipendenti sarebbero stati pagati 35 euro per dieci, a volte dodici ore di lavoro. Una media di tre euro per sessanta minuti. La stessa degradante situazione salariale è stata riscontrata in altre aziende del Ragusano dalla squadra mobile che ha condotto nella provincia iblea i controlli anti-caporalato. Le verifiche si sono estese, tra il 17 e il 21 luglio, in undici province italiane, nell’ambito del progetto Freedomche ha già visto una prima fase di controlli a inizio mese. In Sicilia le verifiche hanno interessato, oltre al Ragusano, anche le zone di Siracusa (a Pachino, Noto e Priolo, dove non sono stati segnalati illeciti nei rapporti di lavoro, ma solo alcune lievi irregolarità amministrative) e Agrigento, dove invece due aziende sono state sospese e sono state elevate sanzioni per 69mila euro. 

La situazione più grave, tuttavia, resta in provincia di Ragusa, dove sono state controllate dodici aziende, tra il capoluogo, Ispica, Vittoria, Acate e Santa Croce Camerina. Tre titolari sono stati arrestati, altre nove persone sono state denunciate, tutte per violazione della legge sul caporalato, approvata lo scorso anno. Due le situazioni più gravi: quella di un’azienda agricola in contrada Randello, a Ragusa, il cui titolare è il comisano Giuseppe La Terra; e quella dell’azienda dei fratelli Emanuele e Massimo Giamblanco, a Ispica. Tutti e tre sono stati arrestati. 

In particolare le verifiche alla ditta di La Terra sono scattate dopo un controllo di routine della polizia stradale: gli agenti del distaccamento di Vittoria hanno fermato un furgone, scoprendo nel vano di carico, 13 operai nascosti da un telone di plastica. A questo punto gli accertamenti si sono estesi all’azienda dove stavano andando i braccianti agricoli. Così è stato accertato che su 13 lavoratori, solo quattro avevano un contratto. Cinque dipendenti, di origini albanesi, erano irregolari e gli è stato recapitato un ordine di espulsione. Inoltre gli operai hanno raccontato di venire pagati 25 euro al giorno per otto ore di lavoro, cioè, anche in questo caso, tre euro all’ora, ben lontano dalla paga prevista dai contratti collettivi. A questo si aggiunge il degrado degli alloggi in cui vivevano: La Terra infatti avrebbe trasformato dei magazzini in camere dove far dormire i braccianti, senza alcuna idoneità alloggiativa, secondo quanto certificato dall’Asp. La Terra, comisano di 49 anni, è stato arrestato già una prima volta nel 2014, accusato di aver fatto parte di un’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 

Gli altri due arrestati nel corso della seconda fase dell’operazione Freedom sono stati i fratelli Emanuele e Massimo Giamblanco, rispettivamente 48 e 40 anni. I due sono titolari di un’azienda agricola a Ispica, in contrada Marza, che si estende su una superficie di 250mila metri quadrati e impiega circa 30 lavoratori, tutti assunti, ma «sfruttati quotidianamente», stando a quanto ricostruito dalla squadra mobile. Insieme a loro, sono state denunciate a piede libero altre tre persone (due fratelli e la moglie di uno di loro), pure loro titolari dell’azienda, ma con condotte meno gravi dei Giamblanco. I braccianti ascoltati dalla polizia hanno raccontato di guadagnare 35 euro per dieci o dodici ore di lavoro e alcuni di vivere, in condizioni degradanti, all’interno dell’azienda agricola. Dichiarazioni rese nonostante le minacce ricevute all’arrivo degli agenti. 

Irregolarità sono state riscontrate anche in un’azienda di Vittoria, dove i titolari sono stati denunciati per sfruttamento dei lavoratori, e ad Acate. Qui è stato denunciato un imprenditore di Mantova che ha delocalizzato in Sicilia la sua azienda agricola realizzando diverse serre. L’uomo si sarebbe fatto aiutare da una 19enne rumena che da bracciante agricola avrebbe provato a fare il salto a imprenditrice, dimenticando però la sua precedente condizione, considerato che anche a lei la polizia contesta lo sfruttamento di connazionali e altri operai nordafricani. L’Ispettorato del lavoro, l’Inps e l’Asp procederanno a contestare le diverse infrazioni accertate nell’ambito dei suddetti controlli.

Gli investigatori elogiano invece due aziende virtuose, a Ispica e a Santa Croce Camerina, risultate perfettamente in regola, sia per quanto riguarda l’impiego dei braccianti agricoli, regolarmente assunti secondo i contratti collettivi provinciali, sia in tema di sicurezza sul lavoro, uso di fitofarmaci e tracciabilità dei prodotti biologici. In particolare la ditta di Ispica ha accolto numerosi studenti universitari, anche stranieri, interessati allo studio della coltivazione e della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli. I controlli, effettuati dal 17 al 21 luglio, hanno richiesto l’intervento, oltre che della polizia di Stato, anche del personale del corpo forestale, dell’Inps, dell’Ispettorato territoriale del lavoro, dell’Asp di Ragusa e dei comandi delle polizie locali.

Salvo Catalano

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