Ricordate i cantieri di servizio annunciati circa due anni fa dal governo regionale di Rosario Crocetta? Sono i 50 milioni di euro per i lavori socialmente utili nei Comuni della nostra Isola. Ebbene, di questi fondi solo in questi giorni sono stati sbloccati i primi 20 milioni di euro. Ci sono volute ben due campagne elettorali (elezioni politiche ed elezioni europee), poi altri lunghi mesi di preparazione. Oggi, finalmente, sta per iniziare la spesa di questi soldi.
Si tratta di piccoli interventi che, spesso, non servono a nulla. Nella prima Repubblica si chiamavano Cantieri scuola. Assistenzialismo allo stato puro. Clientelismo per dare un po’ di ossigeno ai disoccupati. Insomma, non è il modo migliore per rafforzare il sistema produttivo e creare veri posti di lavoro. Come avveniva nel passato, questi interventi servono solo per procacciare voti tra la povera gente. Che, dopo due o tre mesi di lavori, quasi sempre inutili, tornano poveri come prima.
Da quasi due anni il governo Crocetta sbandiera questi 50 milioni di euro. In questi giorni ne sta cominciando a spendere 20. La proporzione è la seguente: 80-90 mila euro circa per ogni diecimila abitanti. I primi interventi dovrebbero coinvolgere da 25 a 30 disoccupati per ogni Comune. La particolarità di questi Cantieri di servizio è che la gestione non è stata affidata ai Comuni, ma – come riferisce l’Anci Sicilia – è stata centralizzata dall’assessorato regionale al Lavoro. Le persone che sono state chiamate a svolgere questi servizi, in altre parole, sono state selezionate dagli uffici della Regione, in base a parametri che rischiano di non cogliere il vero dato di povertà.
Facciamo un esempio: il reddito Isee. Dovrebbero lavorare i soggetti a più basso reddito. Basta questo dato per definire la povertà reale di un soggetto e, in generale, di una famiglia? Centralizzando la raccolta dei dati il ragionamento non fa una grinza. Ma andando a fondo – cosa che l’amministrazione regionale non può fare – si potrebbe scoprire che quel capofamiglia, pur avendo un reddito ufficiale bassissimo, svolge, in realtà, un secondo lavoro in nero.
Lo stesso discorso riguarda l’abitazione. Ovviamente, nell’individuazione dei soggetti da selezionare per l’assegnazione di questi lavori è corretto privilegiare chi non è proprietario di una casa. Ma spesso anche questo dato non rispecchia la condizione reale. Esistono, infatti, famiglie proprietarie di un’abitazione che, per vicissitudini varie, se la passano malissimo. L’esempio classico lo abbiamo in tanti centri della Sicilia – soprattutto nella parte orientale dell’Isola – dove tantissimi piccoli agricoltori sono ormai ridotti sul lastrico dalla concorrenza sleale di ortofrutta che arriva dalle nostre parti da chissà dove. Tantissimi di questi agricoltori – che non a caso hanno dato vita al movimento dei Forconi – risultano proprietari di una casa, ma non hanno di che vivere. E in molti casi, non potendo pagare i debiti, sono oggetto di attacchi da parte di banche e del fisco che cercano di togliergli l’unica cosa che gli è rimasta: la casa. Paradossalmente, nel cervellotico calcolo dei Cantieri di servizio effettuato dagli uffici della Regione queste famiglie risultano messe meglio di chi non è proprietario di una casa, ma vive in affitto senza problemi lavorando in nero.
Ancora una volta, la Regione siciliana – e segnatamente gli uffici dell’assessorato regionale al Lavoro – hanno perso l’ennesima occasione per fare una cosa seria e giusta. Invece di centralizzare la gestione di questi Cantieri di servizi – ricorrendo a selezioni che, nella stragrande maggioranza dei casi, non rispecchiano la realtà sociale ed economica – avrebbero fatto meglio ad affidare la selezione alle amministrazioni comunali. Sono i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali – nei grandi e, soprattutto, nei medi e piccoli Comuni – a conoscere la realtà locale. Nessuno, meglio di loro, sa distinguere tra i veri e i falsi poveri. Avrebbero dovuto essere i Comuni e gestire l’assegnazione di questi servizi e non gli uffici regionali
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