Cannizzaro, la capretta sulla pista dell’elisoccorso «Appartiene a un pastore, è diventata una mascotte»

Nell’immaginario dei siciliani, in particolar modo dei catanesi, il nome Cannizzaro è riferito per antonomasia all’ospedale Cannizzaro. Tuttavia non è sempre stato così. Prima che l’ospedale fosse costruito, e in seguito ampliato, Cannizzaro era solo il nome della più grande tra le frazioni del comune di Aci Castello. Uno splendido balcone con vista sul golfo di Catania dove, quando la medicina e la chirurgia non erano ancora di casa, ad essere praticate erano in prevalenza l’agricoltura e la pastorizia.

Questo piccolo prologo può essere utile a fare immaginare cosa ci faccia, proprio accanto alla pista per il decollo e l’atterraggio dell’elisoccorso del Cannizzaro, una quietissima capretta dormiente. Sta accovacciata sul cemento, occhi chiusi, manto grigio-bruno, corna ben disegnate, sullo sfondo il casotto retrostante che riporta la scritta Sicilia Elisoccorso. Attorno a lei, erbe e sterpaglie che devono averle fatto certamente da colazione o pranzo. Magari, data l’occasione, si sarà appisolata proprio là nell’attesa di vedere l’eclissi di sole. Oscurato sì, ma più che altro dalle nubi.

Dei tanti passanti occasionali quasi nessuno si accorge della presenza della capretta. D’altronde, i pensieri che percorrono le strade del Cannizzaro sono spesso rivolti altrove. Il personale dell’ospedale ha invece imparato a non meravigliarsi dell’ospite a quattro zampe, come spiega un’infermiera: «Appartiene ad un pastore che, sin da prima della costruzione dell’ospedale, possiede una fattoria nelle vicinanze». La capretta è anzi divenuta una mascotte: «La trovo spesso così, addormentata a godersi il sole e la brezza che arriva dal golfo». Un’immagine curiosa nel via-vai delle emergenze ospedaliere «che ci aiuta a spezzare con la routine, dando un po’ di leggerezza almeno nei momenti di pausa dal nostro lavoro».

E non c’è solo la capretta, a quanto dicono. Come nella vecchia fattoria, c’è chi giura di avere visto razzolare delle galline, dei galli. Certi giorni pare si faccia vivo anche l’asinello. Insomma, è una sorta di pet therapy (trad. terapia con gli animali) all’aperto che, per quanto provato di persona e sentito dalla voce di altri, non fa male a nessuno. Anzi, presenta diversi aspetti positivi. E rievoca la quotidianità di Cannizzaro molto prima che divenisse, per antonomasia, un ospedale. 

Marco Di Mauro

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