Carabinieri, polizia municipale e personale dell’Azienda sanitaria provinciale. C’erano tutti, stamattina, al negozio Evergreen shop di corso San Vito, nel Comune di Mascalucia, specializzato nella commercializzazione della canapa e dei suoi derivati, oltre che dei migliori strumenti per coltivarla. Un controllo a tutto campo per verificare che la cannabis light lì venduta fosse perfettamente in regola, anche se ormai non si capisce bene rispetto a cosa. La legge 242 del 2016 ammette il commercio di prodotti a base di canapa, anche con infiorescenze, purché il loro contenuto di Thc (la sostanza che dà effetti psicotropi) sia inferiore allo 0,6 per cento. Ma una direttiva del ministro dell’Interno Matteo Salvini prima e un pronunciamento della Corte di Cassazione poi hanno messo in discussione anche questa possibilità. Gettando nel panico venditori e acquirenti. Così sono cominciati i controlli delle forze dell’ordine sugli esercizi commerciali che vendono la cosiddetta cannabis light e, dopo Nesima, è toccato anche al negozietto mascalucioto.
«Non è stato sequestrato niente», chiarisce a MeridioNewsAntonino Pellegrino, 25 anni, da due titolare dell’esercizio commerciale sulla strada principale di Mascalucia. «Domani dovrò portare in questura le analisi sull’infiorescenza che vendo, a ulteriore dimostrazione di quanto sostenuto nei documenti che ho già presentato». Lui sostiene che sia tutto in regola e che di problemi, alla fine, non ce ne saranno. «Io non vendo il prodotto sfuso – continua – Altrimenti, probabilmente, mi avrebbero sequestrato tutto». Invece nel suo negozio ogni prodotto è impacchettato e la provenienza dell’erba è sempre indicata, così come il livello di cannabinoidi contenuti nelle confezioni destinate alla vendita al pubblico. «Tutto al di sotto dei limiti di legge», garantisce il giovane imprenditore.
«I controlli vanno benissimo, più sicurezza e più legalità fanno bene a chiunque lavori con onestà – prosegue Pellegrino – Ciò che mi spaventa, però, è che non si sappia dove si sta andando e le leggi sono troppo confuse, per cui le cose cambiano da un momento all’altro e rischi seriamente di trovarti in mezzo a una strada. Vogliono forse che chiudiamo tutti?». Il suo negozio, per esempio, «è stato un investimento: acquisto solo prodotti locali e voglio continuare a farlo». Uno dei suoi fornitori è dell’area etnea, l’altro proviene da un’altra zona d’Italia. Probabilmente è stata la tracciabilità della filiera a fare sì che il controllo dei militari si risolvesse in poca cosa. Il dato di fatto, però, è uno: «Abbiamo aperto ad aprile 2017 e questo è il primo controllo ufficiale».
Segno che l’aria è cambiata. «In questo modo, però, ci ammazzano. Stanno bloccando la nostra attività in ogni modo, anche se rispettiamo la legge. È ovvio che, come tutti, lo facciamo per guadagnare. Ma in un lavoro come il nostro c’è anche una dose di passione – conclude il 25enne – Se le leggi fossero più chiare, ogni cosa si potrebbe gestire meglio e lo Stato ne guadagnerebbe non poco». Nella sua esperienza, infatti, ci sono «tanti consumatori che prima andavano per la strada, adesso vengono nei negozi. Pensate a quanti soldi abbiamo tolto alle mafie, così».
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