Canile, volontari denunciano condizioni dei locali «Un luogo di passaggio? Qui morti quotidiane»

Anemia, nessuna forza per muoversi da giorni e una temperatura scesa in picchiata fino a 33 gradi. Se n’è andata così la cagnolina (l’ennesima) morta nei locali dell’ex mattatoio di Palermo, da mesi adibiti a canile sanitario, in attesa della ristrutturazione di quelli di piazzetta Tiro a segno. «Casi come questi non dovrebbero essere considerati come normali», dice subito Veronica Anastasio, delegata palermitana di Oipa, l’organizzazione internazionale protezione animali che svolge attività di intervento con le guardie zoofile su segnalazione di maltrattamento sul territorio di Palermo e provincia. La cagnolina in questione, simile a una pitbull chiazzata bianca e nera, si trovava nel canile già da un paio di mesi. Quasi subito, però, aggredita da altri cani ospiti della struttura, era stata trasferita in un padiglione da sola per far sì che si riprendesse dalle ferite riportate. Analisi approfondite hanno permesso di scoprire che era affetta da Leshmaniosi, per la quale è stata subito sottoposta alle cure del caso. «Pare che fino a venerdì stesse bene. Fino a quando la temperatura è scesa a 35 gradi, ma sabato i volontari non hanno potuto constatare le sue condizioni perché il canile era interdetto per disinfestazione», racconta la volontaria.

Sono costretti ad aspettare quindi fino a domenica. «Sappiamo che le è stata somministrata lo stesso la cura, tra cui il chemioterapico, bombardandola ulteriormente malgrado il suo stato. Domenica è stata trovata in condizioni tragiche, in stato di ipotermia, non si muoveva neppure, dentro le pozze d’acqua stagnante che rimangono dopo le pulizie degli operai Reset». Pulizie che avvengono infatti con getti d’acqua dentro le gabbie, che i funzionari dicono di asciugare poi con l’idropompa, ma che di fatto resterebbe lì a marcire. «E parliamo di un padiglione in cui non entra neppure la luce del sole, senza spazi aperti, con l’acqua che rimane a stagnare e i cani sempre bagnati». Intanto la temperatura della cagnolina continua drammaticamente a scendere, tanto che si fa fatica a rilevarla col termometro. I volontari chiedono quindi un ricovero d’urgenza, ma avrebbero per tutta risposta ricevuto il «no» secco dei veterinari dell’Asp. Che solo dopo continue e insistenti richieste, avrebbero autorizzato il ricovero in una struttura adeguata della cagnolina morente. «Dopo lamentele e liti, la cagnolina è stata ricoverata, sottoposta a trasfusione immediata, ma la temperatura era scesa a 33 gradi – racconta Anastasio -. Nonostante il ricovero, quindi, le coperte termiche e le immediate cure prestate, lei lunedì è morta».

Ma restare nel padiglione dell’ex mattatoio non sarebbe certo stata la soluzione. «Un canile sanitario di ricovero non dovrebbe essere privo, come questo, di macchinari e mezzi adatti a tutelare i cani in queste condizioni – torna a dire la volontaria -. Qui non c’è neppure una stanza apposita di degenza che possa ritenersi tale, non ci sono coperte perché sono state buttate tutte, dato che trattenevano solo acqua facendo solo danno. Il canile dovrebbe essere un luogo di passaggio, in un mondo utopico, ma non è così, ci sono troppi abbandoni e quindi è sempre un luogo sovraffollato mentre le adozioni restano ferme». Sembra, insomma, che a Palermo sia diventato più un posto dove andare a dimenticarli. Intanto, i volontari sono decisi ad andare in fondo all’ennesimo caso di morte. «Chiederemo tutte le cartelle cliniche per sapere ogni dettaglio, ma crediamo ci sia una carenza totale da parte dell’Asp per come è stata trattata la cagnolina, ma anche di chi si occupa della pulizia e della manutenzione di quei locali – dice ancora la delegata di Oipa -. Se i volontari non entrassero spesso là dentro, non so immaginare quante cose potrebbero succedere, quante storie come queste potrebbero non emergere mai». La soluzione, secondo lei, non sarebbe quella di spendere 380mila euro per trasferire i cani a Caserta, «perché liberati questi posti se ne presentano altri». Così come non lo sarebbe, a sentire lei, neppure la costosa ristrutturazione dei locali di piazzetta Tiro a segno, «un luogo nel bel mezzo del centro abitato, non a norma e, in quanto canile sanitario munito di sale ad hoc, impossibilitato a ospitare l’elevato numero di cani con cui si ha a che fare».

«Perché non creare ex novo una struttura equipaggiata e idonea? – si chiede a mo’ di tormentone -. C’è tutta una politica sbagliata e alla base ci sono delle responsabilità che noi andremo a cercare. Non è questo il modo di trattare la questione, e noi volontari siamo i primi a subire spesso problemi e ostruzionismo. A questo punto meglio lasciarli in strada che in un posto simile. Va bene che il canile è un posto d’appoggio, ma deve comunque essere dignitoso e idoneo». Eppure, non nasconde un certo ritrovato ottimismo. Soprattutto da quando è stata istituita la Commissione speciale per il randagismo dal presidente Musumeci, col quale finora sembra esserci stata una certa collaborazione. «Siamo stati ascoltati – dice la volontaria -. E abbiamo aperto un dialogo anche col Comune, ci sono stati alcuni incontri. Noi ci occupiamo del territorio da anni, potrebbe essere utile per gli amministratori ascoltare cosa abbiamo da dire, non sono i trasferimenti fuori dalla Regione il vero salvataggio. Questa cagnolina ne è l’esempio vivente, anzi morente, visto che non ce l’ha fatta».

«Ho chiesto accertamenti», è intanto la replica secca del vice sindaco Sergio Marino. «Stiamo verificando, al momento non ho nulla che comprovi quanto denunciato», riferendosi a quanto emergerebbe dalle descrizioni della volontaria che visita con frequenza i cani dell’ex mattatoio. Mentre dall’Asp ribadiscono che «da parte dei medici veterinari di questa U.O. canile erano state effettuate tutte le cure del caso», ritornando quindi al mittente le accuse rispetto all’operato e alla tempestività dei veterinari. «Tutto ciò si può evincere dalla documentazione consegnata dal Comune di Palermo lunedì stesso, 19 novembre, in riscontro alla relativa richiesta di accesso agli atti della delegata Oipa», conclude il dottore Giuseppe Fiore.

Silvia Buffa

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