Imputazione coatta per tutti gli indagati della vicenda che riguarda il canile Nova Entra di Catania. È quanto chiede l’associazione L’altra zampa che ha depositato una dettagliata opposizione rispetto alla richiesta di archiviazione presentata a dicembre dalla Procura. Sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se la vicenda di quello che alcune associazioni animaliste hanno ribattezzato «il canile degli orrori», convenzionato con il Comune di Catania, sarà oggetto di un processo o se si chiuderà qui, ritenendo in quest’ultimo caso infondate le ipotesi di reato per falso, truffa, abuso d’ufficio, maltrattamento e abbandono d’animali. Intanto Nova Entra – già vincitrice dell’appalto 2012-2014 per circa due milioni e mezzo di euro – continua ad avere in proroga la convenzione con il Comune etneo per la cattura, il ricovero e il mantenimento di 600 cani: per i primi tre mesi del 2015 riceverà 170mila euro.
Dopo un’informativa di polizia, l’ispezione della task force del ministero della Salute che portò al sequestro del canile (poi dissequestrato a maggio del 2014), e altri sei mesi di accertamenti, lo scorso 10 dicembre i sostituti procuratori Assunta Musella e Alessia Minicò hanno chiesto l’archiviazione del procedimento a carico di Mario Bongiorno, veterinario e titolare dell’associazione Nova Entra, e di altri 16 indagati, tra cui dirigenti dell’Asp e del Comune di Catania.
La Procura si è basata sulla perizia di un consulente tecnico, l’ingegnere Di Pisa. Ed è proprio dalla figura del perito che partono le osservazioni de L’altra zampa. «Un ingegnere – sottolinea l’associazione – non è persona che possiede la competenza professionale necessaria a valutare lo stato generale di salute degli animali, per questo occorrono medici veterinari e comportamentalisti». Nella sua perizia il consulente sottolinea che durante i sopralluoghi effettuati «non si è ravvisato nessun contatto con parassiti come pulci e zecche». Secondo L’altra zampa i pm avrebbero deciso, dunque, solo sulla base delle condizioni strutturali del canile, senza visitare i cani. Nonostante siano gli stessi sostituti procuratori a sottolineare che il maltrattamento discenderebbe «anche» dall’inadeguatezza delle strutture. «Anche ma non solo», sottolinea l’associazione animalista.
C’è quindi il problema del sovraffollamento. Bongiorno non è stato riconosciuto responsabile sia dal Tribunale del riesame che a maggio del 2014 ha disposto il dissequestro del canile, sia dai pubblici ministeri che scrivono nella richiesta di archiviazione: «Le condizioni di iperaffollamento non sono sicuramente ascrivibili al Bongiorno, il quale ha prodotto missive con le quali rappresenta al Comune tale situazione evidenziando le difficoltà della gestione del servizio e l’impossibilità di gestire le continue emergenze, a fronte delle quali l’ente pubblico si limitava a prospettare la denuncia per interruzione di pubblico servizio».
Il presidente di Nova Entra dunque sarebbe stato costretto ad accettare i nuovi ingressi da parte del Comune di Catania. L’altra zampa però, richiamando l’informativa di polizia agli atti dell’indagine, accusa il veterinario di «furba precostituzione di alibi» e ripercorre le tappe che portarono all’assegnazione del bando triennale 2012-2014 a Nova Entra. Il bando, datato 26 febbraio 2013, prevedeva il ricovero di minimo 600 cani. Nell’istanza di partecipazione Bongiorno dichiara che le strutture alle quali fa riferimento possono accogliere 790 animali e che, alla data di celebrazione della gara, le stesse ne ospitano già 630. «Dunque – sottolinea L’altra zampa – la disponibilità era di soli 160 posti. Appare dunque ovvio che sarebbe stato impossibile soddisfare i requisiti del bando». Che tuttavia si aggiudica.
Bongiorno, già pochi mesi dopo, il 7 giugno del 2013, scrive al Comune comunicando di «aver accolto 140 cani saturando e debordando il numero di posti disponibili e chiedendo di essere autorizzato a nuovi ingressi previa ordinanza sindacale e/o prefettizia». A questo si aggiunge che, a cavallo della prima lettera al Comune del 7 giugno, stringe due convenzioni, con il Comune di Paternò (il 3 giugno del 2013) e con quello di Biancavilla (il 10 luglio del 2013) per l’ingresso di altri cani. Secondo L’altra zampa questo dimostrerebbe «il solo obiettivo di ottenere altri fondi».
A proposito delle condizioni strutturali, i pm concludono che ci sono «lievi e per certi versi trascurabili discrepanze rispetto ai requisiti». Sono condizioni che «non possono essere in alcun modo considerate sufficienti», replica L’altra zampa, richiamando le conclusioni del perito: «Quando vengono riscontrate irregolarità in 24 box appare impossibile affermare, come fa il consulente, che il requisito sia soddisfatto parzialmente».
In più, l’ingegnere Di Pisa, nella sua relazione accerta i casi di abusivismo nella struttura. In particolare che per i fabbricati adibiti a box per i cani «non è stata rilasciata a oggi alcuna autorizzazione», che il rilascio del certificato di agibilità per i fabbricati per cui è stata chiesta la sanatoria si è concluso solo per uno, e che «le categorie indicate nella concessione edilizia in sanatoria non sono compatibili con l’attività di rifugio destinate al ricovero per cani». Abusi per cui secondo i pm è maturato il termine della prescrizione. Bongiorno ha spiegato di aver recentemente effettuato una serie di lavori per adempiere alle prescrizione dell’Asp.
Contro la richiesta di archiviazione del procedimento si sono espressi i deputati del Movimento cinque stelle all’Ars. «Non riusciamo a capire perché nella richiesta di archiviazione dei due pm manchi un qualsiasi accenno ai verbali di accertamento che hanno poi portato al sequestro d’urgenza delle due strutture. Vi sono ancora molti punti oscuri in questa vicenda e dubbi inascoltati – aggiungono – i cui riscontri possono essere trovati solo in un regolare processo, il quale, attraverso la sua fase dibattimentale, garantisca l’ascolto di tutte le voci e la completa analisi dei documenti probatori, che esistono ed è dovere della magistratura analizzare».
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