Canile, la risposta del Comune alle critiche punto per punto «Solo montature inesistenti e generalizzazioni inaccettabili»

Atti, documenti, numeri, dati e pareri. Francesco Fiorino, per 25 anni avvocato cassazionista per il Comune di Palermo, parla con cognizione di causa dell’attuale situazione del canile municipale e prova a fugare ogni possibile dubbi, per spegnere le polemiche che si trascinano ormai da mesi. Lo fa sviscerando, attraverso MeridioNews, la questione, raccontata punto per punto. E ribadendo il fine dietro ogni singola sua mossa: «Fare stare bene gli animali, riuscendo anche a rispettare le leggi e a riportare il canile in una condizione di legalità». Si parte proprio dalla struttura in cui sono ospitati in questo momento gli animali, l’ex mattatoio di via Macello 98. «Palermo, come tutte le grandi città del Sud Italia, ha uno squilibrio, in tema di randagismo e abbandono di animali, tra il numero di cani che vengono abbandonati nel territorio e le richieste di adozione, contrariamente a quanto avviene invece al Nord dove le richieste sono più del numero di cani nelle strutture», dice subito l’avvocato Fiorino. Non ci sarebbe qui, in un certo senso, la cultura degli animali e, di conseguenza, gli elementi necessari per avere un rapporto sano con loro. «Molte famiglie prendono dei cuccioli per accontentare i figli ma, una volta svanito l’entusiasmo iniziale, quel cucciolo diventa un peso di cui disfarsi». E con l’arrivo dell’estate la piaga dell’abbandono raggiunge livelli davvero drammatici.

Motivo di abbandono degli animali sono anche le lotte clandestine: «Vengono abbandonati tutti gli animali feriti o quelli ormai troppo vecchi che non sono più utili – spiega -, molti sono molossoidi o pitbull». Tutte cause di quel sovrannumero di animali tanto difficile da gestire in città. E per cui, a sentire Fiorino, servono programmi ad ampio raggio e che coinvolgano il Comune e la Lav – con cui da oltre un anno esiste una convenzione – come assi portanti, ma anche altri soggetti interessati: l’Asp per gli aspetti di natura igienico-sanitaria, l’Ordine dei veterinari che mette in campo medici veterinari e volontari, l’Istituto zooprofilattico che ha le competenze di esami e prelievi, la Reset che si occupa delle attività di accalappiamento e di pulizia all’interno del canile, e la polizia municipale. Tutti questi soggetti lavorano insieme da tempo, e questo si traduce nella sigla di protocolli e interventi sul territorio. Tuttavia mettere d’accordo tutti non è mai semplice, per cui lo stesso Fiorino ammette che «si va un po’ a rilento». Intanto il contributo delle associazioni animaliste palermitane  ha già portato a termine circa 200 adozioni. Numeri che mettono entusiasmo, ma che «non riescono da soli a risolvere il problema del sovrannumero, si deve agire con interventi emergenziali, urgenti». Ma di che numeri parliamo quando ci riferiamo a Palermo?

L’EX MATTATOIO
La struttura di via Macello «è sempre in sovrannumero». In media, secondo le stime dell’avvocato Fiorino, ci sarebbero insieme lì dentro fino a 250 animali. «Non solo sono tanti, ma stanno anche male, essendo più del dovuto – precisa -. Ma questo crea anche problemi di correttezza e legalità, per una struttura continuamente sotto rischio di indagini e accertamenti da parte degli organi preposti. Perciò deve essere costantemente liberata di un certo numero di animali». Togliere il sovrabbondante, per il bene degli animali e per ripristinare una condizione di legalità che, a sentire lui, sembrerebbe non esserci stata mai a Palermo, o quasi. «C’è anche una seconda necessità, forse più importante: se ho 100mila euro a disposizione per fare lavori di manutenzione straordinaria per migliorare varie cose, dagli impianti elettrici alle gabbie stesse, è ovvio che non possono esserci tutti questi cani – spiega ancora -. Non dico tutti, ma una parte va tolta». Non si può neanche sperare di poterli spostare, appena sarà pronta, nella struttura di via Tiro a segno, che non nasce per diventare un canile ma un rifugio. Più esattamente «un presidio sanitario, vale a dire una sorta di pronto soccorso medico per gli animali». Secondo Fiorino «il 90 per cento dei lavori ormai è fatto, tra due-tre mesi avremo questo presidio, con circa una sessantina di posti di degenza per curare i cani, come in un pronto soccorso ospedaliero. Sarà sempre una struttura comunale, con i veterinari regionali dell’Asp». Quindi, se le adozioni, per quanto numerose, non bastano e la nuova struttura in dirittura d’arrivo non è pensata per ospitare cani ma solo per curarli, come sgonfiare i numeri dell’emergenza?

IL BANDO
Il Comune due anni fa ha indetto una gara per individuare un canile convenzionato dove poter portare questi animali. Gara a cui, però, «non hanno partecipato canili e strutture private regionali o palermitane, ma solo una struttura, quella di Caserta, che si è quindi aggiudicata la gara». Siamo a dicembre 2017. E non si parla più, da questo momento, di bando, ma più propriamente di contratto. L’avvocato Fiorino assume la dirigenza del canile un mese dopo, a gennaio 2018. Quindi, a cose ormai fatte. Che tuttavia non gli hanno risparmiato critiche e polemiche da parte delle associazioni animaliste e dei volontari. «Proteste che però sono state sempre teoriche, non c’è stato un ricorso al Tar, né un atto che ha impedito l’esecuzione di questa gara, gli esposti degli animalisti sono stati notificati alla procura che non ha individuato nessun reato. È stata informata l’Anac che, dopo più di un anno, non ha rilevato alcunché, quindi la gara da un punto di vista formale è perfetta». Si poteva individuare un criterio di scelta che tenesse conto della qualità del servizio? «Sì – ammette -, ma questi erano tutti atti precedenti al mio arrivo che poi sono andati avanti e su cui non c’è più nulla da fare». Le polemiche non si sopiscono, perciò Fiorino chiede un parere legale all’avvocatura del Comune, che ribadisce che «la gara è valida e l’amministrazione se vuole può andare avanti». «A questo punto, se io avessi deciso di non firmare il contratto, come chiedono ancora gli animalisti, avrei buttato a mare, o meglio, non avrei potuto usufruire dell’impegno di spesa del Comune per questo progetto che si avvicina ai 400mila euro, che sarebbero stati messi nel grande calderone del bilancio comunale e destinati quindi ad altro e tolti dal cassetto del canile».

Quindi, tornare indietro è fuori discussione. Ma sono diversi i punti di questo bando che rimangono oggetto di polemica. Come il fatto che i cani possono essere trasferiti in blocchi minimo di 20. Un numero che nell’unico trasferimento andato in porto, quello della settimana scorsa, non è stato rispettato. A partire alla volta di Caserta, infatti, sono stati solo cinque cani. «È una clausola contrattuale, privata, e non una norma di legge imperativa che lo impone per un benessere degli animali, quel numero ha una valenza tra il committente e l’appaltatore, un numero stabilito anche per evitare che si facciano centomila viaggi con tutto quello che comporta. Se i due soggetti si mettono d’accordo per dieci anziché venti va bene. Solo se una cosa del genere creasse problemi agli animali non andrebbe più bene». A questo si aggiunge il fatto che i trasferimenti sono finalizzati all’adozione. Da contratto, fino al 50 per cento dei cani che non vengono adottati nell’arco di sei mesi devono tornare a Palermo. «A me questa clausola non piace e non l’avrei messa – confessa Fiorino -, come non avrei messo quella del massimo ribasso nella scelta del contraente in quella gara, giustamente contestata, ma l’ho trovato già così, ho trovato l’aggiudicazione già conclusa, non potevo più tornare indietro e rescindere ora significa almeno il dieci per cento di danno, quindi 40mila euro da dare alla struttura di Caserta, e questi soldi come li giustifico?». Intanto, proprio la struttura campana è tra i passaggi più contestati. Perché?

CASERTA
Quelle che si sono aggiudicate la gara sono in realtà due grandi strutture collegate. Che l’avvocato Fiorino, per tagliare la testa al toro, ha voluto visitare personalmente con un sopralluogo a sorpresa. È il 29 giugno 2018, con lui ci sono due rappresentanti della Lav nazionale e il presidente dell’Ordine dei veterinari di Palermo, Luigi Zumbo, che ha scritto una relazione dettagliata sulla visita: «Dice che le condizioni di questi due canili per alcuni casi sono buone e per altri sufficienti. Individua delle criticità che sono però semplici, risolvibili, non tali da giustificare un dietrofront. Se andandoci a sorpresa avessi trovato condizioni di malessere o maltrattamento degli animali, questo sarebbe stata una valida ragione per annullare tutto». Una delle criticità individuate dal dottor Zumbo è il numero insufficiente di addetti rispetto al numero dei cani previsti da una gara che prevede circa 400mila euro di investimento. «Per legge deve esserci un numero proporzionato, se non erro tre-quattro addetti per cento cani, per ora lì al momento bastano, ma è chiaro che essendo una struttura privata può assumerne quanti ne vuole in più in un giorno solo. E poi i trasferimenti non si organizzano da un giorno all’altro – spiega -, tra esami, controlli, autorizzazioni, passano almeno 15 giorni. Per dire che tutte queste montature dette dagli animalisti sono poi inesistenti». Un’altra criticità è quella di migliorare i programmi nei computer, su cui si registrerà tutto quello che viene fatto a un cane».

Intanto il primo tentativo di trasferimento da Palermo a Caserta, a ottobre, non va a buon fine. «Sono arrivati con delle gabbie che erano fissate in maniera un po’ discutibile e c’erano delle incongruenze nei libretti di circolazione. Insomma, per mia massima correttezza, e non certo per le polemiche degli animalisti, ho preferito annullare tutto, a dimostrazione che prima di tutto guardo al benessere e alla tutela di questi animali. Parlano di maltrattamenti e deportazioni, addirittura. La cosa assolutamente fuori discussione è che le condizioni dei cani qui e nella struttura di Caserta non sono paragonabili, lì stanno e starebbero meglio, su questo non ci piove». Ma la Campania non è la terra dei fuochi? «Vero, ma non si può generalizzare, ci sono anche strutture con tutte le autorizzazioni necessarie, e poi ho fatto il mio sopralluogo, di fronte a piccole irregolarità non ho mandato i cani a ottobre. Se generalizzassi come loro è come se io nei panni dell’imprenditore milanese non partecipassi a una gara di appalto che si fa qui perché la Sicilia è terra di mafia. È una generalizzazione inaccettabile». Intanto, cinque cani di Palermo dalla settimana scorsa di trovano lì. «Chi deve decidere è il presidio veterinario, non io. Che aveva autorizzato tutto. Dopo le contestazioni dei volontari, che hanno chiamato i Nas, è entrato nella discussione anche l’assessorato che ha consigliato, non ordinato, di sistemare i cani solo sulle gabbie della fila di sotto, riducendo così i posti a disposizione». Alla luce di tutto questo, perché gli animalisti continuano a essere contrari?

ANIMALISTI
L’avvocato Fiorino azzarda due ipotesi: la prima è quella dell’affezione verso questi animali di cui i volontari si prendono cura, «si crea un rapporto tale per cui vedere partire il cane è un po’ una tragedia, ma bisogna andare oltre». Il secondo motivo è «più delicato: a loro interessa (e non uso il termine in senso negativo) avere un grosso bacino di cani là, non so se hanno dei benefit, ma suppongo ci sia un ritorno a livello di interesse e notorietà su quello che fanno per gli animali, perciò avere questo grosso bacino in termini di numero è interessante da tanti punti di vista». Intanto, le associazioni animaliste hanno annunciato il loro dietrofront, chiudendo ogni dialogo con il Comune. L’unica condizione dettata per ripristinare la collaborazione è quella di rescindere quel contratto. «Ricorro ai trasferimenti solo quando mi trovo in una situazione di emergenza, per liberare un po’ di gabbie – ribatte fermo Fiorino -. Attualmente inoltre abbiamo dei cani del Comune in strutture private fuori Palermo con le quali le convenzioni sono già scadute. Io ho la responsabilità di toglierli, altrimenti dovrei spiegare fuoriuscite di soldi che non ho e che diventerebbero in pratica debiti fuori bilancio. Ma quando si entra nel merito di queste questioni gli animalisti se ne fregano di solito, ma io non me ne frego degli animali e nemmeno delle leggi». Si dice però intenzionato a recuperare il rapporto di collaborazione, il cui venire meno è a suo dire «una cosa gravissima», pur rimanendo irremovibile su Caserta. «Annullare tutto è una condizione che il Comune ritiene inaccettabile, improponibile, fuori da tutte le normative, sia contabili che di leggi in generale, io non la posso seguire. Ripeto, nel momento in cui ho il controllo dell’Asl campana, quello fatto da loro, quello del Comune, e il mio sopralluogo a sorpresa che non mi fa trovare situazioni non idonee e non congruenti, inosservanza delle leggi o altro, perché devo recedere? Se trovo delle situazioni di maltrattamento sono quasi quasi contento di tagliare tutto. Aspetto qualcuno che mi dimostri che i cani là stanno peggio di come stanno qua, allora possiamo iniziare a discuterne. Ma non è così».

Silvia Buffa

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