22 anni fa, moriva, in un agguato mafioso, sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta mentre – senza scorta e con la sua Ford Fiesta amaranto – si recava al lavoro, il ‘giudice ragazzino’, Rosario Livatino. Aveva 38 anni. Nella sua breve vita si era occupato delle più delicate indagini antimafia, ma anche (nell’85) di quella che poi negli anni ’90 sarebbe scoppiata come la “Tangentopoli siciliana”.
“Per la sua morte -come si legge sul sito dell’associazione ‘Amici del giudice Livatino‘ nel quale è possibile leggere la sua biografia e degli approfondimenti sul caso- sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti che sono stati tutti condannati, in tre diversi processi nei vari gradi di giudizio, all’ergastolo con pene ridotte per i “collaboranti”. Rimane ancora oscuro il vero contesto in cui è maturata la decisione di eliminare un giudice ininfluenzabile e corretto. Rosario Livatino è purtroppo solo la terza vittima innocente e illustre di Canicattì. Prima di lui, il 25 settembre 1988, stessa sorte toccò al presidente della Prima Sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo Antonino Saetta e al figlio Stefano trucidati in un agguato mafioso sempre sulla SS 640 AG-CL sul viadotto Giulfo mentre improvvisamente, senza scorta e con la sua auto, faceva rientro a Palermo dove abitava e lavorava”.
La sua citta’, Canicatti’, oggi lo ha ricordato con una messa e e continuerà nei prossimi giorni a parlare di lui grazie alle iniziative di due associazioni (‘Tecnopolis’ e ‘Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino) con una serie di incontri inseriti nel programma della ‘Settimana della Legalità 2012 in memoria dei Giudici Saetta e Livatino.
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