È arrivata oggi, dopo sette anni, la condanna del Tribunale di Palermo nei confronti del proprietario di un giovane cane per maltrattamento di animali «per avere, per crudeltà o comunque senza necessità, lasciato un cane rinchiuso in stato di abbandono dentro un appartamento e senza provvedere alla sua alimentazione, sottoposto l’animale a sevizie, comportamenti, fatiche insopportabili».
I fatti risalgono al 2013. Allora, su Facebook, comincia a circolare l’appello per aiutare un cane fotografato sul cornicione di un balcone a Palermo. Nessuna denuncia da parte degli abitanti del palazzo o dei vicini. Un giovane volontario Enpa che abita in città, Paride, decise di andare a verificare di persona la veridicità della notizia e si rense subito conto che si trattava di una situazione disperata. L’animale, un giovane meticcio dal manto bianco e miele, era magrissimo, si riuscivano a contare le ossa. Il volontario ha avvertito allora le forze dell’ordine e presenta denuncia.
Purtroppo il piano è molto alto e i vigili del fuoco non riescono a raggiungerlo attraverso la scala e sono costretti a sfondare la porta. Quello che si trovano di fronte è inimmaginabile: escrementi ovunque, cibo buttato per terra, mobili completamenti divelti, una situazione di totale incuria ed abbandono. Il cane, che probabilmente è stato abbandonato a se stesso da moltissimo tempo, e non era più abituato a vedere persone, quindi è apparso spaventatissimo
Le forze dell’ordine non hanno fatto in tempo a raggiungerlo che l’animale, preso dal panico, si è buttato giù dal balcone. Inutili i tentativi di Paride, il volontario Enpa che era accorso ad assistere al salvataggio, di rianimarlo. Il cane è morto nel giro di pochi minuti. Il proprietario dell’animale è stato quindi rintracciato e ha affermato di «aver dato incarico di prendersi cura del cane ad una terza persona che però non sarà mai nominata o identificata all’interno del processo», processo in cui l’Enpa si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Claudia Ricci.
«Purtroppo oggi non possiamo gioire – afferma Carla Rocchi, Presidente nazionale Enpa – la sofferenza che ha dovuto provare quel cane nei suoi ultimi mesi di vita è inaccettabile. Lasciato morire di fame, rinchiuso in quella casa ridotta a letamaio, in spazi angusti. Il balcone era talmente stracolmo di immondizia e rifiuti che il cane non aveva lo spazio per accedere ed era costretto a salire sul cornicione per stare all’aria aperta. E che dire del fatto che nessuno nel palazzo o nel vicinato abbia mosso un dito per aiutarlo? Una totale omertà e indifferenza superata in questo caso solo grazie all’aiuto dei social network. Una storia dolorosa che ci ricorda purtroppo quanto ancora sia lunga la strada da percorrere per poterci considerare una società civile. Ringrazio di cuore il volontario Enpa che ha voluto andare fino in fondo e i legali che hanno seguito il caso, in particolare l’avvocato Corinne Tamburello di Rete Legale Enpa per aver portato in tribunale i diritti dimenticati di quel povero cane maltrattato».
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