Canale di Sicilia, le foto della nave alleata affondata A picco dopo rogo durante seconda guerra mondiale

Un altro tesoro del nostro mare viene restituito alla storia. Grazie al team di studiosi composto dal centro subacqueo Blue Dolphins di Lampedusa, guidato da Alessandro Turri, e del centro subacqueo Ecosfera di Messina, guidato da Domenico Majolino, le telecamere hanno ripreso nelle acque del Canale di Sicilia i resti del relitto della nave da sbarco Hms Lst-429, affondata durante la seconda guerra mondiale a causa di un incendio. 

I sub si sono spinti fino a un fondale di circa 38 metri di profondità e hanno documentato come il relitto si trovi avvolto da reti da pesca e sia spezzato in due tronconi. Sono ancora integre due eliche e due timoni e la torretta. Mentre all’interno dei mezzi gommati c’è ancora parte del carico. Le operazioni di monitoraggio del relitto si sono concluse come ha reso noto la soprintendenza del mare della Regione. Una ricerca effettuata non solo nei fondali, ma anche negli archivi della regia marina e in quelli dei registri navali. 

Durante la notte del 3 luglio 1943 a bordo della nave scoppiò un rogo, per un errore dell’equipaggio intento a effettuare alcune operazioni di manutenzione al carico imbarcato. L’incendio, come testimoniò l’equipaggio, si propagò a tutti i veicoli presenti a bordo e si rinforzò alimentato dai fusti di carburante trasportati, provocando anche l’esplosione delle riserve di munizioni. La nave fu abbandonata, le truppe e l’equipaggio furono trasferiti su un altro mezzo da sbarco. A bordo c’erano 16 ufficiali e 147 soldati. Dai registri è emerso che la nave nacque sotto bandiera statunitense nel 1942 nei cantieri Bethlehem-Fairfield Shipyard Inc. di Baltimora. Varata l’11 gennaio del 1943, non entrò mai in servizio per gli Stati Uniti in quanto subito trasferita alla Royal Navy britannica. 

La presenza della nave era già nota alla soprintendenza del mare dal 2007. Era stata segnalata da Pietro Faggioli e Andrea Ghisotti. Lunga centro metri e larga quindici, era dotata di due motori diesel, di due eliche e doppio timone. Le ultime ricerche sono iniziate il 2 novembre scorso a largo di Lampedusa. «Il mare era piatto, il sole e il cielo sereno: giornata perfetta per iniziare la nostra attività su un punto di immersione scoperto da poco e che a breve ci avrebbe regalato grandi emozioni», ricorda Majolino. «Dopo circa tre ore di navigazione, raggiunta l’area dove è segnalata la presenza del relitto mettiamo i motori al minimo. “Dovremmo esserci” si sente dal ponte di comando – continua -. L’eccitazione cresce al suono dell’ecoscandaglio che conferma la presenza del relitto a quaranta metri di profondità. In pochi minuti ancoriamo, si spengono i motori, prepariamo le attrezzature e chiudiamo le custodie delle macchine fotografiche. Un ultimo briefing e tutti in acqua». Il racconto si fa quindi ancora più avvincente perché descrive le fasi dell’immersione. «Scendiamo lungo la cima bianca fino a scorgere l’ombra maestosa del relitto sul fondo sabbioso. Andiamo subito alla ricerca di particolari e dettagli utili per l’identificazione del relitto». Quando risalgono si legge negli occhi la felicità per la riuscita dell’attività. «A bordo l’euforia era alle stelle, un altro relitto era stato scoperto e finalmente si sarebbe potuto lavorare per riportare alla luce la storia di un’altra nave che in tempi di guerra solcava il Canale di Sicilia».

Simona Arena

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