«Un gruppo criminale che in maniera sempre più rodata e affiatata si era stabilizzata sul territorio compiendo in maniera sistematica reati predatori. I danneggiamenti a mezzo incendio, quattro quelli documentati, venivano compiuti al fine principale, ma non esclusivo, di intimidire la concorrenza nel settore della raccolta e vendita di materiali ferroso. Settore al quale erano interessati almeno due degli indagati». A rivelarlo è il comandante della compagnia dei carabinieri di Partinico, Marco Pisano, in merito all’operazione che ha dato esecuzione a un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla procura di Palermo, nei confronti di sette persone indagate per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi furti di rame, ferro e in abitazioni a Camporeale.
Nel corso dell’attività investigative, è stata documentata l’esistenza e l’operatività in quel territorio di una strutturata associazione criminale, con precise ripartizioni di ruoli e competenze tra i componenti, tutti imparentati tra loro, dedita alla sistematica commissione di danneggiamenti a mezzo incendio nei confronti dei rivenditori di rame e ferro con il chiaro intento di intimidirli e scoraggiarne l’attività lavorativa, al fine di acquisire una posizione di monopolio in quel particolare segmento di mercato. Tanto che in alcune intercettazioni gli investigatori hanno trascritto le richieste di aiuto di alcuni imprenditori oggetto di attentati e minacce. La banda aveva occupato abusivamente alcuni alloggi del complesso residenziale di piazza Delle Mimose dove aveva la base operativa. I destinatari della misura in carcere sono Maurizio Mulè, 26 anni, di Partinico, Barbara Lombardo, 33 anni, di Salemi, Salvatore Lazzara, 30 anni, di Alcamo, Vincenza Ferdico, 24 anni, di Palermo, Francesco Mulè, 28 anni, di Partinico, Calogero Mulè, 30 anni, di Partinico, Vincenzo Mulè, 25 anni, di Alcamo.
Tutti componenti sono imparentati tra loro, il legame familiare è, infatti, «il substrato» su cui si sarebbe fondata l’associazione criminale: «Due dei principali indagati sono tra di loro cugini – ha spiegato Pisano – più altri due fratelli di uno degli indagati che erano attivi nella commissione di questi reati». Dalle indagini, inoltre, è emerso che anche le donne fermate, le compagne di due dei componenti principali della gang, svolgevano un ruolo determinante «fiancheggiando l’attività dei rispettivi compagni e degli altri indagati, fornendo supporto logistico e occupandosi, ad esempio, del recupero della refurtiva e anche dei soggetti impegnati nella commissione dei furti».
A capo dell’organizzazione ci sarebbe Maurizio Mulè, già destinatario della misure di pubblica sicurezza della sorveglianza che non gli consentiva di uscire nelle ore notturne, il quale sceglieva gli obiettivi e dava supporto logistico. Da alcune intercettazioni è poi emerso un loro particolare interesse nel cercare di carpire i movimenti dei militari durante i servizi di pattuglia.
Nonostante l’escalation di criminalità registrata negli ultimi mesi nel territorio dove agiva la banda, scarsa collaborazione alle indagini è stata fornita dai residenti. Nel corso nell’attività investigativa sono stati documentati numerosi episodi di furti, pochissimi effettivamente denunciati da parte dei cittadini. «Purtroppo la popolazione aveva maturato una progressiva sfiducia nei confronti della possibilità da parte delle istituzioni di aggredire e risolvere questo problema – ha ammesso Pisano – Sfiducia combinata anche al timore, a seguito di una serie di episodi di danneggiamenti subiti da diversi cittadini ritenuti colpevoli di aver visto la commissione di alcuni reati, o perlomeno di essere sospettati di averli visti».
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