Avrebbero trafugato reperti archeologici trovati attraverso scavi clandestini tra le province di Caltanissetta e Agrigento. Avrebbero anche realizzato dei falsi, spacciandoli agli acquirenti del nord Italia come opere autentiche. Sedici persone sono indagate nell’ambito dell’operazione ribattezzata Demetra. La banda aveva base nella città nissena, i suoi componenti sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere e ricettazione.
I componenti avrebbero rinvenuto oggetti antichi di origini greca e romana, risalenti soprattutto al IV-V secolo avanti Cristo. Ad acquistarli sarebbero state persone facoltose disposte a spendere cifre cospicue per anfore, statuette, vasi, monete e lucerne e consapevoli della loro provenienza illecita. I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Palermo e i colleghi del Nucleo investigativo di Caltanissetta hanno sequestrato oltre mille beni nel corso di perquisizioni effettuate tra Sicilia, Piemonte, Liguria e Veneto. «Parliamo di beni dal valore inestimabile – ha precisato il procuratore Sergio Lari – basti pensare che soltanto una delle ottocento monete ritrovate, su cui è impressa la figura dell’aquila di Akragas, potrebbe avere un valore di circa un milione di euro».
Dalle ricostruzioni degli inquirenti, un ruolo di spicco sarebbe stato ricoperto da Francesco Lucerna, 70 anni, originario di Riesi, Comune in provincia di Caltanissetta. Oltre ad avere il ruolo di tombarolo, l’uomo avrebbe messo in piedi una efficiente rete di contatti che avrebbe collegato la Sicilia con i potenziali acquirenti. Se dagli scavi non fossero arrivati i beni richiesti o nelle quantità previste (come nel caso di determinati quantitativi di monete), la banda avrebbe realizzato dei falsi per accontentare gli ignari (in questo caso) committenti.
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