Caltagirone, un volo contro la sclerosi multipla «La chiamo Sua Maestà e sono più forte di lei»

«La mia è RR. Significa “remittente e recidiva“. Io dico che invece vuol dire “rimpianti e rimorsi“: sono quelli che non voglio più avere da quando ho scoperto di essere malata di SM, sclerosi multipla». Deborah Chillemi è nata e cresciuta in Belgio ed è tornata in Sicilia, l’Isola di sua nonna, dopo avere incontrato il suo futuro marito durante una vacanza al mare. Adesso ha 45 anni: ne aveva 28 quando le è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Era un giorno d’estate e all’improvviso non riusciva più ad alzare le gambe o ad avere sensibilità nei piedi. Dopo la risonanza magnetica il verdetto dei medici è arrivato subito. La diagnosi di Giuseppe Verde, 30enne di Ramacca, invece, è arrivata dopo tre anni. Ne aveva 22 quando hanno cominciato a presentarsi i primi sintomi e nessun dottore riusciva a vederci chiaro. «La sclerosi? Io la chiamo Sua Maestà», racconta. Entrambi hanno ancora la voce eccitata: si sono lanciati con il paracadute questa mattina, a Caltagirone, assieme alla sezione catanese dell’Aism, l’Associazione italiana sclerosi multipla, e alla scuola di paracadutismo sportivo Sunflyers.

Un volo da quattromila metri. Prima l’adrenalina, l’ansia mentre l’aereo prende quota, il portellone che si apre e qualche secondo di vuoto, prima dell’apertura dello stabilizzatore e, poi, del paracadute. «Mi sono sentita viva. Mentre planavamo in discesa mi sentivo come Wendy di Peter Pan», spiega Deborah. «Quando ho scoperto di avere la sclerosi – ricorda – volevo avere dei figli. Per un po’ io e mio marito abbiamo dovuto mettere in pausa i nostri programmi». Giusto il tempo di capire che strada avrebbe preso la malattia e che cosa le sarebbe successo. «La mia è una sorta di altalena: quando ho gli attacchi sto male, ma poi i sintomi tornano indietro e vivo di nuovo in modo normale. Fino all’attacco successivo. Le cure, però, sono cambiate tanto e anche il modo di reagire», aggiunge. Due anni dopo la diagnosi, lei e il marito hanno avuto il primo figlio, poi il secondo e infine il terzo. «È chiaro che non si può fare una squadra di calcetto – ride – Ma quello è quasi indipendente dalla malattia, no?».

Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita

«Potevo decidere: o mi facevo sconfiggere o la sconfiggevo. Ho scelto la seconda», risponde sicura Deborah Chillemi. «Se non mi ostacola la SM, non mi ostacola niente. Voglio vivere senza barriere, di nessun tipo. Voglio godermela ed essere felice, con l’incoscienza di una 45enne madre di tre figli». E con la consapevolezza di chi ha capito l’aforisma di Rita Levi Montalcini, storica presidente dell’Aism: «Lei diceva: “Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita”. Ed è quello che ho scelto per me». Dopo la paura e lo sconforto iniziale, è arrivata «la vera scoperta sulla sclerosi: lei sta dietro e io sto davanti. Ed è così che sono diventata quella che sono». «Io, in effetti, se guardo tutto quello che ho vissuto potrei anche sentirmi un guerriero», risponde Giuseppe. Studente di Scienze naturali e ambientali, da grande vuole fare il ricercatore. Nel frattempo fa la guida per bambini fino a 12 anni alla Casa delle farfalle. «Faccio tante cose per passione – spiega – E credo sia proprio la passione che mi fa pesare di meno tutto».

Il suo percorso è stato più difficile di quello di Deborah. Nella sua vita la sclerosi multipla è arrivata come «un sollievo: mi sono detto “Oh, finalmente so con cosa devo combattere”». Dopo anni di ricoveri che si rincorrevano e di difficoltà che non finivano. «Sua Maestà ha giocato col mio cervello per tre anni, senza che nessuno riuscisse a trovarla». La chiama così, Sua Maestà, per darle un volto. Quello della Regina di cuori in Alice nel paese delle meraviglie: «Quando stavo male era una regina grassa e forte. Adesso è magra e debole, debolissima. Adesso sono io che posso decidere». Lui, letteralmente, corre. «Non riuscivo a stare in piedi, non avevo equilibrio, non ci vedevo – ricorda – Ho fatto tutta la gavetta dei sintomi, li ho assaporati fino in fondo, e adesso guardami». Adesso sei un figo pazzesco? «Sì, adesso sono un figo pazzesco», sorride.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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