«Quella che propongo io è una ceramica talmente vecchia che è passata inosservata. E adesso sembra nuova». Le Ceramiche Iudici a Caltagirone esistono da nove generazioni. Ma, a guardare i prodotti dell’azienda, ciò che si nota innanzitutto è che il risultato è «diverso» da quello tradizionale. «O meglio: diverso dalla tradizione che si è imposta», racconta Alessandro Iudici, che sette anni fa è tornato a lavorare nell’impresa di famiglia. Dopo aver passato parecchi anni lontano dal Calatino. E lontano dalla ceramica. «Faccio il ceramista da sempre, ma a un certo punto mi sono allontanato. Non ne potevo più, avevo bisogno di cambiare, e me ne sono andato». Una distanza necessaria, che gli è servita – dice – a «tornare indietro con più sicurezza in me».
«Ho fatto l’Accademia delle Belle arti a Catania. E per tutto il periodo universitario me ne stavo alla larga», dice Iudici, oggi 37enne. «Erano gli anni in cui avevo bisogno di vedere cose e posti nuovi. La solita ceramica di famiglia mi aveva annoiato, snobbavo il passato», afferma. Perciò è andato prima a Londra, «dove modellavo le pareti in argilla delle case dei ricchi». Poi è volato a New York: «È stato negli Stati Uniti che ho imparato come veramente ci si deve far coinvolgere dal lavoro, la passione che bisogna metterci per muovere tutto», continua.
Interrotto il suo percorso all’estero, l’artista calatino è tornato in Sicilia. E ha iniziato a dare una mano a suo fratello maggiore, che aveva nel frattempo preso la guida dell’attività di casa. Un mix di curiosità «e stanchezza hanno fatto maturare in me la voglia di andare oltre e di fare un po’ di ricerca». «Avevo trovato alcune foto di famiglia, in cui avevo visto delle forme nuove, dei concetti che non riuscivo a ritrovare nella ceramica di Caltagirone di adesso». Iudici è partito dagli scatti antichi che raccontavano la sua storia per andare alla ricerca della storia della ceramica decorata. Non solo a Caltagirone, in Italia. «Mi sono trasformato in un vero e proprio esperto. Ho studiato tanto e non intendo smettere di studiare», sorride.
Le ceramiche disegnate dai suoi avi non erano oggetti per persone benestanti. «Erano cose di tutti i giorni, quotidiane: brocche e fiaschi, lavorati in maniera molto semplice. Era una produzione povera e quotidiana, che negli anni abbiamo dimenticato», spiega Alessandro Iudici. «Io l’ho ripresa e le ho dato quel dinamismo che le mancava – afferma – Non c’è niente di nuovo nella lavorazione, anzi. Non uso smalti industriali, vado a farli io scavando la sabbia e seguendo delle vecchie ricette che ho trovato in laboratorio». La differenza rispetto al passato, invece, sta nelle espressioni: «La ceramica di Caltagirone è nota perché è antropomorfa. Diamo agli oggetti le forme delle persone. Io ho aggiunto qualche tema e qualche espressione che poteva risultare inedita».
«Pezzo dopo pezzo, sto ricostruendo il passato per creare il futuro mio e dell’azienda di famiglia». Partendo, anche, dai cambiamenti: «I colori con i quali viene identificata la ceramica di Caltagirone sono il blu, il giallo e il verde. Ma non dovrebbe essere così. Nella tradizione antica non ci sono dei colori in particolare. Ci sono, invece, delle forme». Alle quali lui sta tornando: «I manufatti vecchi si facevano facilmente. Io ci metto quel lavoro in più che mi permette di ottenere oggetti sempre diversi». Vale a dire quei pezzi unici che lo hanno reso famoso in tutto il territorio: «Quando in un paese tutti stendono panni blu e all’improvviso arrivi tu e stendi panni rossi attiri l’attenzione, giusto?».
I lavori di Alessandro, intanto, sono arrivati dall’altra parte del mondo. «Ho spedito fino in Australia – conclude – All’inizio questa cosa mi aveva stupito. Poi, però, ho scoperto che non stavo facendo niente di nuovo, ancora una volta, rispetto ai miei avi: tra i vecchi documenti ho trovato bolle d’acquisto provenienti dal Kansas, negli Stati Uniti. Insomma, c’erano arrivati già loro».
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