«Voi apprendisti galoppini che presidiate il molo vuoto della C-Star, sappiate che la C-Star se n’è già andata. Quando caricheremo questo video avremo già imbarcato, o forse trasbordato, magari a 15 miglia di distanza, fuori dalla zona Schengen. Passandovi sotto il naso. E quindi voi restate pure lì sul molo, ad aspettare questo video. E poi questa faccenda potrete chiamarla la nostra piccola beffa: la beffa di Catania». Un video caricato su Facebook dalla pagina italiana di Generazione identitaria, un comunicato letto di fronte alla telecamera fissa: a parlare è Gian Marco Concas, romano classe 1978, un passato nella Marina militare italiana e un presente da scrittore con la Mgc edizioni, «che realizza e inserisce nei circuiti di vendita nazionali e internazionali ogni tipologia di prodotto editoriale». È lui ad annunciare, lanciando il foglio sul tavolo, che l’imbarcazione partita da Gibuti non arriverà nel capoluogo etneo. Una retromarcia nonostante gli annunci formulati in più di una circostanza e la presenza, a Catania, dei militanti della missione Defend Europe.
«Non arriveranno a Catania e questa è, di per sé, una bella notizia – afferma Matteo Iannitti, che insieme alla Rete antirazzista catanese e all’associazione Avaaz ha organizzato la Flotilla cittadina di ieri – Poi mi pare chiaro che questa uscita sia un modo per cadere in piedi». E in effetti, in un altro video pubblicato ieri su YouTube dall’attivista Brittany Pettibone, la versione è diversa. A fornirla è Lorenzo Fiato, uno degli italiani della delegazione: «La situazione a Catania all’inizio era molto buona – afferma Fiato – Era un buon porto in cui attraccare, non costoso come quello di Malta. Il problema non è stato economico, semmai politico». Fiato parla di pressioni non soltanto degli «attivisti blac block e di sinistra che hanno fatto dei sit-in» – in riferimento, probabilmente, ad Alfonso Di Stefano e agli altri esponenti della Rete antirazzista catanese -, ma anche delle forze dell’ordine che li avrebbero continuamente seguiti. Fiato cita inoltre Angelino Alfano come «ministro dell’Interno» (sebbene lui sia ormai da mesi ministro degli Esteri) che avrebbe annunciato di volere fermare la missione Defend Europe.
«Abbiamo deciso per questo che Catania non è più un porto sicuro per noi», afferma Lorenzo Fiato nelle riprese di un’altra attivista. Una versione molto diversa rispetto a quella fornita nelle immagini diffuse dal canale ufficiale qualche ora dopo. «La loro marcia indietro non ci fa stare più tranquilli – continua Iannitti – Il mancato arrivo qui è probabilmente un successo del movimento antirazzista non soltanto nostro, ma di tutt’Italia e di tutta l’Europa». Alcune fonti di attivisti ciprioti avrebbero confermato che ieri l’imbarcazione C-Star sarebbe stata affiancata da un’altra barca per lungo tempo. Cosa che potrebbe coincidere con la versione del «trasbordo» dell’equipaggio di cui parla Concas. Lorenzo Fiato, intanto, risulta irraggiungibile ai numeri che erano stati usati fino a poco tempo fa dai giornalisti per contattarlo. Secondo il sito Marine traffic, che pubblica le informazioni sulla posizione delle navi in transito nel Mediterraneo, la C-Star si troverebbe adesso in movimento al largo di Cipro. A miglia di distanza dal porto di Famagosta, dove è stata fermata per un controllo relativo anche al personale presente a bordo: alcuni cittadini provenienti dallo Sri Lanka hanno dichiarato di avere pagato per essere portati fino in Europa.
Nel frattempo, circa 60 associazioni hanno firmato un appello alle istituzioni contro la nave del gruppo di estrema destra e le loro attività. Nel documento si legge anche: «Chiediamo alle autorità competenti e ai rappresentanti istituzionali di monitorare e impedire che dai porti siciliani partano imbarcazioni e persone al fine di prendere parte a operazioni paramilitari contro i migranti, vere e proprie operazioni di pirateria. Chiediamo alle autorità competenti di diffidare eventuali proprietari di imbarcazioni a noleggiare natanti con l’intento di permettere l’avvicinamento alla C-Star di aderenti a tale gruppo paramilitare». Un modo, quindi, per impedire non solo alla nave di attraccare, ma anche agli eventuali attivisti di partire su natanti più piccoli per raggiungerla e salire a bordo.
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