Brusca chiede di nuovo i domiciliari Falcone: «Non merita altri benefici»

Giovanni Brusca, condannato per la strage di Capaci e altri gravi delitti, ha fatto ricorso in Cassazione per chiedere gli arresti domiciliari. L’udienza si svolge stamani a porte chiuse, senza la presenza dei difensori che hanno mandato memorie scritte. Il verdetto si saprà domani. Il boss ha fatto ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma che lo scorso 12 marzo ha respinto la sua domanda di ottenere la detenzione domiciliare. È difeso dagli avvocati Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti.  Niente domiciliari è invece il parere espresso dalla Procura generale della Cassazione nella requisitoria scritta con la quale contrasta la richiesta della difesa dell’ex boss. Lo si apprende da fonti giudiziarie. 

Non si sono fatte attendere le reazioni di sdegno, una su tutte quella della sorella del giudice ucciso, Maria Falcone. «
Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione, voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca. Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, negandogli la scarcerazione, ha avanzato pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento». Lo sottolinea Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone e presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato assassinato dalla mafia, in merito alla notizia della richiesta di arresti domiciliari avanzata dai legali di Giovanni Brusca, l’uomo che innescò l’esplosione che uccise Falcone e la scorta. «Mi limito a citare la motivazione del provvedimento – aggiunge la sorella del magistrato – in cui il tribunale, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca “un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile”».

«Ricordo ancora – osserva Maria Falcone – che Giovanni Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso – tra questi cito solo quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni – ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l’efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie, – conclude – lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici».

Benefici che lo porteranno a uscire dal carcere nel giro di qualche anno: «Giovanni Brusca terminerà di scontare la sua pena in carcere nel 2022, se la Cassazione non accoglierà la richiesta di collocarlo ai domiciliari, ma potrebbe tornare libero alla fine del 2021 perché ha uno ‘sconto’ di 270 giorni come previsto dal regolamento carcerario». Lo ha detto l’avvocato Antonella Cassandro, uno dei legali che ha patrocinato il ricorso dell’ex boss alla Suprema Corte. «Nel suo parere negativo alla detenzione domiciliare, il Pg della Cassazione – ha spiegato Cassandro – ha condiviso le motivazioni del Tribunale di sorveglianza che ritiene che Brusca non si sia ravveduto a sufficienza». Cassandro ha sottolineato che oltre al Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, hanno dato parere favorevole ai domiciliari anche la direzione del carcere di Rebibbia, e le autorità di pubblica sicurezza di Palermo.

Stefania Brusca

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