«Un contesto criminoso ancora più esteso e invasivo» di quanto la magistratura avesse ipotizzato. L’ultimo sviluppo dell’inchiesta Bloody money sulla dialisi è l’arresto di Giuseppe Di Mauro, un infermiere dell’ospedale Vittorio Emanuele, che era già sotto la lente d’ingrandimento della direzione distrettuale antimafia di Catania. La sua posizione, scrive la procura etnea in una nota, si sarebbe ulteriormente aggravata dopo una perquisizione a casa di Elvia Sicurezza, primaria del reparto di Nefrologia di cui è dipendente Di Mauro.
Nell’abitazione della professionista i militari della guardia di finanza etnea avrebbero trovato la documentazione bancaria relativa a un versamento di 100mila euro da parte di Di Mauro nei confronti della dottoressa. E proveniente dal centro rene Smeraldo. Una struttura che, secondo gli investigatori, all’epoca sarebbe stata gestita «di fatto» dal marito della specialista, Salvatore Guarino. Giuseppe Di Mauro si trova adesso agli arresti domiciliari. Le ulteriori indagini e l’interrogatorio dello stesso Di Mauro, scrivono i magistrati, allargano il quadro di una vicenda che ha scosso la sanità catanese.
A essere arrestati lo scorso 18 ottobre erano stati anche Giorgio Leone, dirigente medico del reparto di Nefrologia dell’ospedale Garibaldi; Francesco Messina Denaro, parente del boss di Castelvetrano e procuratore speciale per la Sicilia del colosso della dialisi Diaverum srl; Salvatore Guarino e Carmelo Papa rispettivamente amministratore di fatto e di diritto del centro privato di dialisi le Ciminiere srl. Per gli inquirenti, sarebbero tutti parte di «un sistema» che aveva per obiettivo quello di dirottare i pazienti degli ospedali pubblici nelle strutture private.
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