Due gruppi abili nella clonazione delle carte di credito, un terzo con il compito di creare le ditte fittizie, soprattutto di autonoleggio, verso cui far confluire le somme di denaro rubato. Funzionava così l’organizzazione internazionale smantellata dalla Squadra mobile di Palermo con l’ausilio della Polizia postale. Ventiquattro gli arresti portati a termine con l’operazione Free Money: 24 esperti di computer e carte di credito che rubavano i codici e svuotavano i conti correnti trasferendo poi i soldi a Palermo. Dietro l’organizzazione l’ombra della mafia. L’indagine, avviata nel maggio del 2014 e coordinata dal pm Siro De Flammineis, ha accertato un giro di affari che si aggira intorno ai 3 milioni.
Le ditte fantasma erano perlopiù autonoleggio, come l’Expo Cars a Milano. «In questo modo – spiega il capo della Squadra Mobile, Rodolfo Ruperti – potevano fare transazioni con un volume di denaro più elevato. Ne abbiamo registrate alcune davvero importanti. Il sistema classico, quello del passaggio della carta con la strisciata attraverso il Pos, permetteva un introito inferiore. Questi codici avevano una durata limitata perché poi gli utenti presentavano denuncia o se ne accorgeva lo stesso sistema bancario, per cui avevano la necessità di introitare più soldi nel minor tempo possibile. Per questo – sottolinea Ruperti – sceglievano ditte di autonoleggio con prenotazione a distanza. L’epicentro era Palermo ma venivano coinvolti cittadini di tutto il mondo, prevalentemente americani, danesi, francesi, olandesi, ma anche dell’Indonesia, del Qatar, del Canada che prenotavano delle auto per girare in Italia. Anche l’autonoleggio dell’Expo è stato creato ad arte per giustificare una serie di transazioni notevoli di cittadini stranieri presenti in Italia per l’esposizione internazionale».
L’organizzazione criminale aveva ramificazioni anche in Romania, Russia e Ucraina. Due gruppi, capeggiati da Dino Sanfilippo (vera mente della banda) e Giovanni Filpo, si occupavano della parte tecnica, il terzo, guidato dai D’Orso, ha messo in piedi la rete fittizia di aziende. «Un gruppo privilegiava un meccanismo più antiquato per le clonazioni – prosegue il capo della Squadra Mobile – riuscendo a reperire carte clonate nei mercati illegali. Un altro gruppo si rivolgeva a dei rumeni, che non abbiamo ancora rintracciato e che a loro volta contattavano degli hacker. Altri invece riuscivano tramite internet ad entrare in siti illegali e ad avere contatti con gli hacker russi». Una truffa, si diceva, che puzza di mafia. «È una cosa che stiamo accertando – precisa Ruperti -. Certamente possiamo dire che all’interno di queste tre organizzazioni, comunque incentrata su Palermo, abbiamo accertato la presenza di soggetti contigui o in passato, e anche adesso, legati a Cosa Nostra».
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