Oltre cento anni di carcere per otto persone ritenute vicine al clan Assinnata. È questo il primo esito dell’operazione Assalto, eseguita dai carabinieri della compagnia di Paternò alla fine di agosto 2018. La sentenza è stata pronunciata nella tarda mattinata di oggi dal giudice per l’udienza preliminare Stefano Montoneri. A rappresentare la pubblica accusa Andrea Bonomo. Tra i condannati c’è l’ex pentito Mimmo Assinnata junior, figlio di Turi e nipote di Mimmo, capi indiscussi dell’omonimo clan operante nel territorio paternese federati alla famiglia Santapaola-Ercolano di Catania. A lui sono stati inflitti venti anni di carcere.
L’uomo, 29 anni, aveva iniziato a parlare con i magistrati della procura etnea diventando a tutti gli effetti un pentito di mafia. Tuttavia lo scorso ottobre aveva cambiato registro interrompendo la collaborazione e ritrattando tutto. Mimmo Assinata junior era diventato celebre nel 2015, grazie al doppio inchino di altrettanti cerei, con tanto di bacio da parte di un portatore, in occasione della festa di Santa Barbara. Un momento, secondo la questura, che fu indice di «una chiara manifestazione della forza intimidatrice tipica del potere mafioso» con sottofondo musicale sulle note della pellicola del Padrino.
Le altre condanne hanno riguardato il suocero di Assinnata, Erminio Laudani, al quale è stata inflitta una pena a vent’anni di carcere; al cognato dell’ex pentito Gaetano Laudani il giudice per l’udienza preliminare ha inflitto dodici anni e due mesi di carcere. E ancora Ivan Gianfranco Scuderi, Marco Giuseppe Sciacca, Cristian Terranova, Samuele Cannavò, condannati tutti a dieci anni di reclusione; e Marco Impellizzeri, condannato a dieci anni e due mesi di reclusione. A Mimmo Assinnata junior e ai due Laudani è stata contestata l’associazione mafiosa e l’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Quest’ultimo reato è stato invece contestato al resto degli imputati. Assolto, invece, il calabrese Rocco Anello.
Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Antonio Giuffrida, Andrea Giannninò, Carmelo Lo Presti, Vittorio Lo Presti, Antonio Gullotta, Salvatore Milicia e Massimo D’Urso. Saranno invece giudicati con rito ordinario Rosario Sammartino, Alex Atanasio e Francesco Iannino. Il processo si aprirà il prossimo 9 gennaio. A seguito delle indagini condotte dai carabinieri e che si sono concretizzate con l’operazione Assalto, la procura ha accertato che, nel periodo finito sotto inchiesta, le redini del clan sarebbero state tenute da Gaetano Laudani, cognato di Domenico Assinnata, e da suo padre Erminio, suocero del rampollo.
Fondamentali per lo svolgimento delle indagini sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Orazio Farina e Antonino Caliò, nonché Mirko Presti, Sebastiano Sardo e Francesco Musumarra. Per gli inquirenti, sarebbero stati gli Assinnata a gestire le piazze di spaccio cittadine: hashish, marijuana e cocaina sarebbero stati un business di famiglia. Una gestione comunque familiare dello spaccio della droga. A testimoniare la rilevanza di Erminio e Gaetano Laudani nell’ambito della famiglia le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
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