Continuano gli effetti a lungo termine dell’operazione Black cat, che il 31 maggio 2016 aveva portato all’arresto di 24 persone, minando in profondità l’assetto delle famiglie mafiose di buona parte dell’hinterland palermitano, da Trabia a San Mauro Castelverde. Da oggi, infatti, scattano le misure cautelari anche per altri dieci indagati: per uno sono stati disposti i domiciliari, mentre per i restanti nove si sono aperte le porte del carcere. Tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Le misure sono state una conseguenza diretta del rigetto da parte della Corte di Cassazione dei ricorsi presentati dagli indagati, in opposizione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale del Riesame di Palermo.
Tra le persone coinvolte c’è Giuseppe Libreri, secondo gli inquirenti a capo della famiglia mafiosa di Termini Imerese: pare, da quanto è emerso dall’operazione e dalle serrate intercettazioni, che gestisse e coordinasse il giro di affari illeciti degli affiliati, soprattutto nel settore delle estorsioni. Una sorta di reggente occulto, che studiava e metteva in pratica metodi ed escamotage per restare il più possibile nell’ombra, spingendo al massimo invece il contributo dei sodali. Fortemente colpita anche la famiglia mafiosa di Caccamo, che da oggi dovrà fare a meno di altri quattro presunti membri: sono Salvatore Sampognaro, con funzioni direttive – a detta di un sodale arrestato già nel maggio scorso, Diego Guzzino -, e ancora Loreto Di Chiara, Vincenzo Medica e Nicasio Salerno, che gli inquirenti definiscono dei veri e propri soldati alle dipendenze dei capi cosca e responsabili delle numerose attività illecite. In manette anche Riccardo Giuffrè, presunto membro della famiglia mafiosa di Cerda, che aveva ricevuto la nomina direttamente dal presunto referente di Castelvuturo, Stefano Contino, anche lui in carcere.
A questi si aggiungono i nomi di Antonio Maria Scola, detenuto presso il Pagliarelli e presunto membro della famiglia mafiosa di Polizzi Generosa, e Gandolfo Maria Interbartolo, detenuto ad Agrigento e ritenuto un esponente della famiglia di Cerda. Per tutti e nove si sono aperte le porte del carcere. Fa eccezione Giuseppe Vitanza, un ex militare dell’Arma in congedo, per il quale sono stati predisposti gli arresti domiciliari. L’accusa è quella di istigazione alla corruzione con l’aggravante del metodo mafioso. Con l’operazione Black cat, da maggio a oggi, sono già 38 le persone tratte in arresto, a dispetto delle 80 complessive alle quali è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Grazie al lavoro degli inquirenti è stato possibile inquadrare assetto e organigramma dei mandamenti mafiosi di Trabia e San Mauro Castelverde, individuandone i vertici: rispettivamente Diego Rinella e Francesco Bonomo, che progettavano un recupero, all’interno delle cosche, degli affiliati più anziani e d’esperienza, isolando sempre di più i membri ritenuti meno affidabili, i cosiddetti libertini. Una stringente esigenza di un ritorno al passato emersa in maniera chiara dai pedinamenti e dalle numerose conversazioni intercettate durante le indagini.
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