Biotestamento, il medico di Piergiorgio Welby «Morte nuova pornografia, argomento tabù»

«Ancora una volta il Palermo Pride sta parlando un linguaggio che riguarda i diritti di tutti, non solo degli omosessuali, e noi siamo onorati di essere qui oggi». A parlare è Luigi Carollo del coordinamento Palermo Pride, che questo pomeriggio all’ex chiesa di San Mattia ai Crociferi ha incontrato il dottor Mario Riccio, rianimatore e medico di Piergiorgio Welby. L’occasione è quella dell’incontro organizzato dal Circolo Uaar di Palermo simbolicamente intitolato A corpo libero – Sia fatta la mia volontà, per discutere in un confronto aperto a tutti di autodeterminazione, fine vita e laicità. «Non venivo in questa città da quasi vent’anni, un po’ mi sento in colpa, questa sera vorrei non andarmene», esordisce il medico. I preamboli durano comunque poco, e subito si addentra in uno degli aspetti più delicati da affrontare con questo dibattito: «Qualcuno ha detto che la vera pornografia oggi è la morte, l’unico argomento tabù di cui nessuno parla più – spiega – E c’è anche qualcuno che vorrebbe fermare scienza e conoscenza, perché queste fanno paura».

Tuttavia, quella con cui di fatto, secondo il medico, oggi dobbiamo fare i conti è un’avvenuta rivoluzione biomedica, cioè il «controllo dell’uomo sul proprio corpo, dal nascere al morire». Oggi non si nasce più per caso, ma addirittura sfidando le leggi naturali grazie a pratiche come la fecondazione assistita. Prendere atto di questa avvenuta rivoluzione permetterebbe, seguendo il ragionamento del dottor Riccio, di abbattere alcuni falsi miti, o meglio, alcuni falsi concetti che in concreto non esistono nemmeno. «Il fine vita – spiega – non esiste, così come è sbagliato ormai parlare di morte naturale. Come rianimatore non ho mai visto nessuno morire di morte naturale, oggi intesa come una morte priva di un contesto medico. È solo una terminologia giuridica per indicare una morte che non ha una causa penale».

E ancora termini come quello di eutanasia passiva, che allude cioè alla scelta di sottrarsi alle terapie è, secondo Riccio, un altro concetto che di fatto non esiste. «Una rinuncia di questo tipo non può certo essere assimilata a un qualche delitto », precisa. Altra storia invece per concetti come quello di autodeterminazione, che hanno origini molto antiche: «Già Seneca scriveva che era bene non vivere, ma vivere bene, che è diverso – continua il medico – Siamo fermi a 2150 anni fa, a Ippocrate, che per dirla tutta era contrario a molte cose che oggi invece sono state ampiamente ribaltate». Dall’interruzione volontaria di gravidanza al dogma del non dire mai la verità al proprio paziente, specie se in punto morte: «Abbiamo dimenticato che Ippocrate non poteva che essere Ippocrate e che era un filosofo. La medicina ippocratica è basata sull’equivoco che il medico abbia il controllo esclusivo del paziente».

Secondo il medico, quindi, questo modello di medicina non sarebbe più valido: «Ippocrate aveva solo quattro erbe a disposizione, mentre oggi il paziente ha più scelte da poter fare e può anche pensare che la sopravvivenza non sia il bene assoluto». Riccio suggerisce, perciò, di porsi un altro tipo di domanda dal punto di vista etico: se già il nostro Stato riconosce che un paziente possa decidere di farsi sedare profondamente e di interrompere ogni terapia a cui è sottoposto, quale sarebbe la differenza giuridica tra questa possibilità e quella invece di offrire a questo stesso paziente, qualora lo richieda, l’eutanasia o il suicidio assistito. «L’approvazione di una legge sul fine vita sarebbe un passo sicuramente importante – conclude il medico – un chiodo nella parete dello scalatore che vuole arrivare alla cima». Tante le domande dei cittadini che hanno preso parte al dibattito e che hanno palesato la forte esigenza di affrontare più chiaramente argomenti tanto attuali ma ancora inaccessibili ai più.

Silvia Buffa

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