Bilancio regionale: dove tagliare per risparmiare un miliardo di euro

Siamo arrivati a metà novembre e della bozza di bilancio regionale non c’è nemmeno l’ombra. Certo, Sala d’Ercole è stata sciolta in anticipo e i siciliani che hanno votato – meno della metà degli aventi diritto – si sono recati alle urne lo scorso 28 ottobre. Tutto giusto. Ritardo giustificato.

Ciò che non sembra giustificato è il ritardo nell’insediamento della nuova Assemblea regionale siciliana. Si parla della prima decade di dicembre. Una mezza assurdità, perché non si dà soltanto per scontato il ricorso all’esercizio provvisorio, ma si rischia di mettere in discussione il ricorso allo stesso esercizio provvisorio.

E’ noto che prima di richiedere l’esercizio provvisorio con apposito disegno di legge, che deve essere approvato dall’Ars, il Governo deve aver presentato la ‘bozza’ di bilancio: ‘bozza’ che deve arrivare nelle commissioni legislative di merito e nella commissione Bilancio e Finanze dell’Ars.

Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, fa bene ad andare in tv a darle in testa ai leghisti di turno che si esibiscono nei triti e ritriti luoghi comuni contro la Sicilia. Ma i suoi collaboratori farebbero bene, in attesa che venga nominato l’assessore all’Economia, a predisporre la ‘bozza’ di bilancio.

La manovra che il Governo Crocetta si accinge a presentare al Parlamento siciliano che si dovrà insediare tra qualche giorno non sarà una passeggiata. Anzi. Dire che il nuovo Governo eredita una situazione finanziaria disastrosa è poco. Vediamo, per gradi linee, di enumerare i principali nodi critici della manovra che il Governo si accinge a mettere a punto.

Partiamo da due notizie fornite nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti. La prima ci dice che il deficit di competenza della Regione siciliana ‘viaggia’ intorno ai 6 miliardi di euro. E’ una cifra mostruosa. Su questo punto andrebbe fatta maggiore chiarezza.

La seconda notizia l’abbiamo già ampiamente commentata. Si tratta della relazione sulla sanità che la magistratura contabile ha inviato qualche settimana fa al parlamento nazionale. Da dove viene fuori che spendiamo ancora un sacco di soldi in questo settore, senza che i cittadini abbiano in cambio, però, servizi efficienti.

Le relazioni della Corte dei Conti non vanno prese sotto gamba. Per un motivo semplice: perché sono scritte da persone che descrivono la verità. Se, ad esempio – e ne parleremo più avanti – ci dicono che i soldi della sanità spesi per gli acquisti sono un’esagerazione, ebbene, ciò significa che questa voce della sanità può essere sensibilmente ridotta. Perché nessuno, meglio di loro, conosce la situazione finanziaria di questo settore.

Ciò posto, a noi che non siamo esperti di contabilità, interessa un solo dato: il bilancio di ‘cassa’. Con riferimento al 2011, è stato appurato che, nelle ‘casse’ della Regione, per chiudere il bilancio in pareggio, è mancato circa un miliardo di euro (forse un miliardo e 200 milioni, per essere pignoli).

Che significa questo? Semplice: che Governo e Ars, a differenza di quanto fatto lo scorso aprile in occasione dell’approvazione della manovra finanziaria di quest’anno, dovranno mettere giù un bilancio 2013 serio, completamente diverso da quello presentato dal vecchio Governo che, per fortuna, è andato a casa.

Lo scorso aprile, lo ricordiamo per amore di cronaca, l’ex presidente Raffaele Lombardo e l’ex assessore Gaetano Armao si sono presentati a Sala d’Ercole con una manovra che puntava a spendere molti più soldi di quelli che c’erano in ‘cassa’. Tanto che l’ufficio del commissario dello Stato si è visto costretto ad impugnare oltre 80 norme: cosa, questa che non si era mai verificata in oltre sessant’anni di storia dell’Autonomia siciliana. Una vergogna!

E che il Governo avesse torto marcio – e che, di conseguenza, l’ufficio del commissario dello Stato avesse ragione da vendere – lo dimostra il fatto che Lombardo e cmpagni, a fronte di una pesantissima impugnativa, non hanno intentato ricorso presso la Corte Costituzionale. Insomma: per Lombardo e Armao, al di là delle chiacchiere, una sconfitta – politica e tecnico-giuridica – su tutta la linea.

E oggi? E’ probabile che il Governo Crocetta e la nuova Assemblea regionale siciliana dovranno fare di necessità virtù. Provando a ridurre le spese di circa un miliardo di euro. Operazione più facile a dirsi che a farsi.

Il Governo, da parte sua, ha già annunciato tagli lineari per tutti i capitoli di bilancio del 22 per cento circa. Una presa di posizione politica corretta che, però, andrà ‘aggiustata’ strada facendo. Per almeno due motivi. In primo luogo perché nel bilancio ci sono spese obbligatorie che non possono essere ridotte. In secondo luogo perché ci sono capitoli che non potrebbero sopportare un taglio lineare del 22 per cento e, viceversa, capitoli dove i tagli potrebbero essere maggiori.

Vediamo, adesso, quali potrebbero essere i settori del bilancio dove la politica dovrebbe incidere con maggiore decisione.

In primo luogo la sanità. Come hanno fatto osservare i giudici della Corte dei Conti, ci sono voci di questo settore dove sarebbe possibile ottenere consistenti risparmi senza intaccare (come purtroppo è stato già fatto dal passato Governo) la qualità del servizio.

C’è tutto il settore delle forniture che, ad esempio, andrebbe studiato con la ‘lente di ingrandimento’. Tutti sappiamo che, negli ospedali pubblici siciliani, i materiali sanitari, quando ci sono (perché in alcuni casi non ci sono!), sono spesso scadenti. Eppure le spese per gli acquisti – sembra incedibile! – sono cresciute. Segno che ‘qualcuno’ (più di qualcuno, secondo noi), fa la ‘cresta’ (e che ‘cresta!) su tali acquisti. Non resta che mettere sotto torchio di direttori generali delle Aziende ospedaliere per fare finire, una buona volta e per tutte, questo ‘babbio’.

Anche quest’anno – lo ricordiamo per dovere di cronaca – per chiudere i conti della sanità siciliana sono stati spesi 350 milioni di euro a valere sul Par-Fas, cioè sulle risorse con le quali si dovrebbero realizzare le infrastrutture (cosa, questa, che creerebbe nuovi posti di lavoro). Pensare di utilizzare ancora i soldi destinati agli investimenti produttivi per pagare – ad esempio – chi fa le ‘cresta’ sulle forniture sanitarie è una follia.

Un altro settore dove si dovrebbe incidere è quello delle società partecipate dalla Regione. Delle quali si conosce poco o nulla. L’unico studio serio in questo settore è stato effettuato qualche anno fa da Michele D’Amico, un bravo sindacalista dei Cobas siciliani. Semplificando, D’Amico, conti alla mano, ha appurato che i dipendenti delle società collegate alla Regione, se fossero dipendenti della stessa amministrazione regionale, costerebbero molto meno e, forse, guadagnerebbero addirittura di più!

Che significa questo? Semplice: che le voci che fanno lievitare i costi di queste società sono gli emolumenti e gli ‘strani conteggi’ che riguardano i ‘capi’ di queste società. Detto in parole crude, c’è il dubbio che la gestione non esattamente cristallina dei conti di queste società serva ad alimentare la politica: non a caso il Governo passato, al di là delle chiacchiere, non ha fatto nulla.

Per ciò che riguarda queste società collegate, tanto per essere chiari, non si tratta di licenziare nessuno: si tratta soltanto di razionalizzare la gestione, eliminando gli sprechi che riguardano consiglieri di amministrazione e alta dirigenza.

Un altro settore sul quale bisognerà incidere è quello dei forestali. La Regione non è più in grado di ‘scucire’, ogni anno, 400 milioni di euro. In presidente Crocetta,in tv, ha lasciato intendere che non licenzierà nessuno, ma che il settore andrà riconvertito. Magari scommettendo sulla tutela dell’ambiente (e ce ne sarebbe un gran bisogno, visti i problemi idrogeologici del nostro territorio). Con molta probabilità, bisognerà utilizzare al meglio i fondi europei sulla base di progetti chiari e non truffaldini.

Poi c’è tutta la questione del precariato, la follia della classe politica siciliana – di maggioranza e di opposizione – dell’ultimo decennio. Ci sono 22 mila precari negli Comuni più altri precari nascosti qua e là negli uffici della Regione, in strane cooperative e via continuando. Sono tanti, forse 30 mila. Ci sembra inutile illudere questa gente: i soldi per pagarli non ci sono più. Né si possono contrarre mutui per pagare la spesa corrente (come ha provato a fare il passato Governo).

La soluzione a questo problema va cercata a Roma. Noi una proposta l’abbiamo lanciata: istituire, per tutti – utilizzando anche gli ammortizzatori sociali nazionali – un salario minimo garantito, prevedendo sanzioni draconiane per chi viene pescato a incassare il detto salario insieme con un secondo lavoro. Può darsi che la politica siciliana trovi un’altra soluzione. L’unica cosa a noi chiara è che il bilancio regionale non è più in grado di sostenere questa spesa.

La nostra, sia chiaro, non è una considerazione ‘politica’. Non ce l’abbiamo con i precari (semmai ce l’abbiamo con la mala-politica che li ha creati). La nostra è una considerazione legata ai ‘numeri’ del bilancio. E i numeri, si sa, non possono essere oggetto di interpretazioni diverse.

Restano, poi, altre voci. Per esempio la riduzione dei costi della dirigenza regionale. Questa storia dei mille e 800 dirigenti che ‘pascolano’ – molti di loro senza dirigere un tubo – negli uffici dell’amministrazione regionale non può più essere tollerata. Per le esigenze della Regione 200 dirigenti sono più che sufficienti. Anche perché certi Servizi inutili – inventati per giustificare la proliferazione della dirigenza – vanno sbaraccati.

Lo stesso discorso vale per i dirigenti generali. Sono troppo e guadagnano troppo. Va ridotto il numero dei dipartimenti, mentre il numero dei dirigenti generali deve essere uguale a quello dei dipartimenti. L’indennità dei dirigenti generali va ridotta del 50 per cento. Seci stanno, ok; se non ci stanno che vadano a casa. Il risparmio sarebbe notevole.

Vanno ridotte anche le spese dell’Assemblea regionale siciliana. Eliminando, soprattutto, gli sprechi. Riducendo – come hanno promesso i grillini – le indennità dei parlamentari.

Infine, la formazione. Per ora il problema non si pone, perché i costi di questo settore – cresciuti notevolmente – sono stati posti a carico dei fondi europei. Ebbene, secondo noi questa ‘musica’ durerà poco. Perché a Bruxelles hanno capito con il Fondo sociale europeo la Sicilia, lungi dal finanziare la formazione professionale, finanzia la politica.

Già i primi segnali sono arrivati sui cantieri scuola. E’ solo l’inizio. Tra qualche tempo arriveranno nuove sorprese.

 

 

Redazione

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