Bilancio, in aula bastano 15 consiglieri per il via libera Decisiva opposizione in soccorso della giunta Bianco

Solamente 15 dei 45 consiglieri comunali danno l’ok al bilancio di previsione 2018 del Comune di Catania. 5 i contrari e 7 gli astenuti su 20 votanti. Davanti a numeri di maggioranza praticamente inconsistenti, risulta decisiva come non mai la non belligeranza delle opposizioni che, a un certo punto, si trasforma in pieno soccorso. I voti favorevoli arrivano dai superstiti di Pd, Articolo 4, Catania 2.0 e gruppi Con Bianco e Primavera ma fondamentale è stato il via libera di Enzo Parisi, autonomista di Grande Catania, e di Salvo Spadaro da Catania futura. I loro colleghi di gruppo votano «no» oppure si astengono, mentre il «si» del duo salva un bilancio messo a repentaglio dalle astensioni non solo dei futuristi, con in testa Carmelo Coppolino, ma anche di altri consiglieri del centrosinistra come Ernesto Calogero, Erika Marco e Nino Vullo. Fra le minoranze, il vicepresidente Sebastiano Arcidiacono, Fratelli d’Italia e altri dal misto non partecipano al voto; Grande Catania e l’indipendente Niccolò Notarbartolo restano in aula bocciando il bilancio, tenendo comunque il numero legale. La tensione si stempera così dopo la mezzanotte e i lavoratori Puc vanno a dormire felici: la loro proroga arriverà a breve, così come il rinnovo dei contratti dei dirigenti del Comune

Il protocollo era saltato quando Coppolino, consigliere tra gli indiziati numero uno per il salto della quaglia dal centrosinistra del sindaco Enzo Bianco alle liste del centrodestra Salvo Pogliese, arriva a strappare l’applauso dei precari in platea, suscitando però l’evidente fastidio dei colleghi in aula: «Basta con gli interventi infiniti, votiamo al più presto oppure mandiamo la gente a casa». Arrivata poi la sua astensione, vari consiglieri fra cui Ersilia Saverino del Pd ne hanno stigmatizzato infuriati «l’incoerenza». A Coppolino avevano già risposto a muso duro anche Arcidiacono e Notarbartolo, oppositori che monopolizzano il dibattito sullo strumento finanziario. I due sono gli unici a dilungarsi entrando nel merito di carte e posizioni politiche. Partendo dai debiti in aumento, agli sprechi, fino alle cose «rimaste sulla carta» per bocciare senza appello l’amministrazione Bianco. «Quando lui ha iniziato ad amministrare c’era ancora papa Wojtyła, adesso il sindaco vuole sopravvivere pure a Francesco», ricorda Arcidiacono riuscendo ad attirarsi la svagata attenzione della sala.

È la seduta dell’ultimo bilancio del Bianco quater. Ed anche dei bilanci, soprattutto per le opposizioni che attaccano. Ciò comunque non impedisce ai banchi di svuotarsi, durante il dibattito, quasi del tutto. A Palazzo degli elefanti è un gran via vai di consiglieri che poi, al suono della campanella che apre le votazioni, si precipitano in aula ad esprimersi. «Ci sono colleghi che ci fanno cattivissima pubblicità – li censura il lombardiano Sebastiano Anastasi – perché così la gente pensa che fare il consigliere significhi solo premere un bottone, i catanesi non capiscono che succede in Consiglio, non ci conoscono nemmeno». Notarbartolo tira fuori un coniglio dal cilindro presentando tre emendamenti. Quello votato d’aula propone di spostare sulla spesa sociale i circa 300mila euro che servono a far funzionare il Consiglio nei mesi estivi, periodo di fermo totale. Impossibile osteggiare la proposta, che stupisce pure i tecnici: l’ex consigliere Pd incassa 23 ok e i complimenti dei colleghi. Un altro emendamento viene fatto proprio dall’amministrazione e sposta altri 15mila euro, il costo di una seduta deserta, sempre sull’inclusione sociale. 

I numeri, sul voto agli atti propedeutici, restano sempre sul filo del rasoio ma non precipitano mai. La volontà politica di fondo è sempre stata chiara: il bilancio, in un modo o nell’altro, deve passare. D’altronde,  con alle porte il bagno taumaturgico delle urne, è finito il tempo anche per tentare imboscate d’aula. I votanti superano sempre o quasi le 20 unità: i favorevoli sfiorano tale cifra, mentre le minoranze a vario titolo si girano d’altra parte per salvare il numero legale.

Restringono al minimo gli interventi, o addirittura rinunciano a parlare, consiglieri come Lanfranco Zappalà, Vullo, Parisi e Catalano. L’esponente di Articolo 4, vicino al deputato dem Luca Sammartino e per questo in procinto di rinnovare anche elettoralmente il supporto al sindaco Bianco, a più riprese da sfogo alla propria amarezza: «Non siamo riusciti a dare il contributo che avremmo voluto». Latita l’entusiasmo tra le fila della mini-maggioranza: meglio premere il pulsante e tagliarla qui, in nome del «senso di responsabilità». Quando si passa dal Piano triennale delle opere pubbliche, Maurizio Mirenda, ex centrodestra passato a Sicilia futura e adesso papabile per un nuovo salto verso Salvo Pogliese, si smarca dall’amministrazione e, con un occhio alle elezioni, chiama in causa le alternative: «Speriamo che arrivi qualche altro candidato sindaco che si preoccupi delle periferie». Michele Giorgianni, l’assessore al ramo espresso sempre dai futuristi di Nicola D’Agostino, tiene una difesa dai toni contenuti: «Il piano non è più un libro dei sogni, ma ci sono solo progetti importanti e tutti finanziati».

Francesco Vasta

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