«Abbiamo vinto al primo turno, e in tutte le circoscrizioni. Non era mai successo, e questo risultato ha un nome: cappotto!». Ha dovuto attendere fino alle 10.40 del mattino del giorno dopo l’inizio dello spoglio per l’ufficialità, un «grande ritardo ingiustificato», e solo nel pomeriggio Enzo Bianco si lascia andare, festeggiando la vittoria alle elezioni comunali con un giro in vespa per la città. Poco prima conferenza stampa da sindaco di Catania, nella quale ha ribadito un dato: la vittoria su Raffaele Stancanelli è stata schiacciante. Ora per il «sindaco della primavera», come lui stesso si definisce, inizierà un quarto mandato «ancora tecnicamente nella bella stagione: il mio primo atto da sindaco è stato far risparmiare la città non arrivando al ballottaggio». Qualcuno urla, «sei un grande», e Bianco risponde divertito, «in realtà sono piccolino».
Rivolge un pensiero a chi lo ha «chiamato per congratularsi, dal presidente Giorgio Napolitano al segreretario del Pd». Ma anche al professore Maurizio Caserta, augurandosi che «il suo lavoro svolto in città in questi mesi non resti inutile, visto che non è nemmeno entrato in consiglio comunale». Di ottimo umore, risponde puntualmente alle domande dei giornalisti in sala. «Le ragioni di questo successo? Non ho dubbi: ho saputo ascoltare i cittadini, anche quelli critici nei miei confronti», dice. Poi riafferma tutti i suoi impegni da campagna elettorale: eliminare la separazione del porto dalla città, stop al progetto di raddoppio ferroviario sugli archi della marina, rivalutare le cubature del progetto del nuovo corso dei Martiri, il miglioramento dei trasporti pubblici, interventi per Librino (dall’ospedale San Marco alla zona franca urbana, passando per il nuovo stadio) e la creazione di un piano regolatore metropolitano, approvando quello già presentato dall’amministrazione Stancanelli come variante, stralciando la parte relativa al centro storico.
«Tra pochi mesi, secondo quanto promesso dalla Regione, il sindaco di Catania dovrebbe diventare sindaco della città metropolitana», annuncia Bianco, insieme a quello che sarà il suo primo atto da primo cittadino: un «patto per l’emergenza lavoro, frutto di un tavolo comune con Confindustria, Confcommercio, Cgil, Cisl, Uil, Ugl e tanti altri». Applausi per il vincitore nella sua sede elettorale, quella Casa Catania che sotto il suo tetto ospita imprenditori come l’ex presidente della St Microelectronics Pasquale Pistorio e molti esponenti di un centro sinistra dalla maglie larghe: a sentire il sindaco di Catania ci sono il segretario del Pd regionale Giuseppe Lupo, il deputato nazionale Giuseppe Berretta e quella regionale Concetta Raia, ma anche i centristi Nino Leanza e Marco Forzese. E Bianco non perde occasione per ringraziare tutti i componenti della coalizione, prima di partire in vespa (con il casco ben allacciato, come tiene a sottolineare).
Un corteo vistoso e rumoroso, che dal centro cittadino passa davanti ai murales di Addiopizzo sul retro del carcere di piazza Lanza, arriva in via Fava dove rende omaggio alla lapide del giornalista Giuseppe ucciso dalla mafia nel 1984, poi a Cibali – con sosta al chiosco di piazza Bonadies per un seltz -, e viene accolto da un capannello di sostenitori in via Plebiscito e a San Giorgio. Enzo Bianco arriva a Librino, e si ferma nuovamente a bere al chiosco di piazza dell’Elefante, da cui la nuova campagna elettorale ha avuto inizio a gennaio. Una persona commenta, in catanese «Viene a distribuire soldi». Un’altra, stupita della presenza del sindaco, mentre parla al telefono con un amico, grida: «Ti sei venduto il chiosco, e ora qui è arrivato Enzo Bianco». E l’uomo, per convincere l’incredulo amico, passa la conversazione al sinnacu della primavera. Che conferma al telefono: «Sono proprio io». Il tour finisce con una festa in piazza Duomo.
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