Bennardo Raimondi:“Ho denunciato i miei strozzini, ora sono alla fame”

Quella che vi stiamo raccontando è la storia di Bennardo Raimondi, 52, un artigiano di Palermo, vittima di usura ed estorsione. Dopo anni di vessazioni ha trovato il coraggio di denunciare i suoi strozzini, permettendo così alle autorità di smantellare una rete di usurai, che operavano nel territorio di Palermo e Misilmeri.

Ceramista e presepista con oltre 37 anni di esperienza alle spalle, inizia giovanissimo la sua attività, nel 1976. Mette su nel 1989, una piccola bottega ubicata all’interno della sua abitazione in via della Mimosa, n.41. (a sinistra, una forot di Bennardo Raimondi, tratta da mafiacontropa.wordpresso.com)

Raimondi era un apprezzatissimo imprenditore, ma nel 2000, la sua azienda di manufatti in ceramica e terracotta entra in crisi. E’ costretto a licenziare 8 dipendenti e a fare i conti con i debiti sempre più opprimenti.

Lavorerà, tra alti e bassi, fino al 2003, anno in cui per lui e per la sua famiglia inizia a scatenarsi l’inferno.

“Avevo chiesto un prestito di 40 milioni di lire, ma sono finito nelle mani sbagliate e ne, di milioni di lire, ne ho dovuti restituire 120. Al fine di adempiere al pagamento, sono stato costretto a chiedere un prestito di 20 mila euro ad un altro usuraio, che ne ha voluti infine 60 mila”.

Così ha detto Raimondi a LinkSicilia, raccontando il modo subdolo di come è stato braccato dai suoi aguzzini.

“A causa di alcuni problemi personali, della morte dei miei tre figli e di un fratello, non ho potuto restituire in tempo i soldi che mi avevano dato in prestito. Questo genere di persone – precisa Raimondi – ti danno facilmente quello che vuoi e con la stessa facilità ti tolgono tutto. Prima ho venduto la casa, poi hanno iniziato a chiedermi più del dovuto. Un crescendo continuo di richieste di denaro, regali e pretese che mi hanno ridotto sul lastrico”.

Le intimidazioni si fanno sempre più frequenti nei confronti dello sfortunato artigiano, iniziate da ‘semplici’ minacce telefoniche e poi degenerate infine in veri e propri atti vessatori: dalle gomme dell’auto tagliate, al furto dell’auto. Per poi finire all’uccisione dei suoi gatti e dei suoi cani trovati morti in giardino. (foto a destra tratta da agenziaimpress.it)

Poi, il ritrovamento di alcuni strani segni davanti casa che raffiguravano la sagoma di un cadavere con a fianco quelle di un coltello e di una pistola con la scritta “boom” all’altezza della canna.

“Ho ricevuto circa 12 intimidazioni e minacce di morte, ma denunciando ho peggiorato il mio stato sociale”.

L’artigiano si è rivolto anche alle grandi organizzazioni che si battono contro questo tipo di reato, ma non ottenne né risposte concrete, né un sostegno morale ed economico.

“Purtroppo ho perso tutto: la casa, il negozio e gli amici – racconta l’artigiano -. Per riuscire a fare la spesa mi sono ridotto a fare l’elemosina vendendo anche i lampadari e il fax. Dopo dieci anni dalla mia denuncia, non solo il processo è ancora in corso, ma le persone che io ho denunciato sono libere”.

Raimondi convive con un altro dramma. Il figlio infatti ha una malformazione all’intestino e per provvedere alle sue cure, si è dovuto vendere un rene. Grazie ad un contributo concesso dall’ex presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, gli è stato riconosciuto lo status di vittima di usura e finalmente è riuscito a riprendere la sua piccola attività artigianale.

Questo però non sembra aver cambiato di molto le condizioni dell’uomo, che vive in un appartamento pericolante e malandato in affitto nel quartiere di Bonagia, con 6 mesi di affitto arretrato.

“Vivo in una casa piena di umidità in cui entra la pioggia e continuamente esposta alle intemperie. Questo – sottolinea Raimondi – influisce negativamente sulle condizioni di salute già precarie di mio figlio”.

In assenza di capitali da investire, l’imprenditore ha notevoli difficoltà nel riavviare la sua attività artigianale . “Sono stato abbandonato dalle istituzioni – dice Raimondi. Io e la mia famiglia non abbiamo avuto nessun tipo di tutela e nessuna agevolazione né da parte del Comune, né dalla Regione e dalle associazioni. La cosa incredibile è che
queste pretendono che i commercianti denuncino il racket e se questi si astengono nel farlo vengono a loro volta denunciati. Poi però ci abbandonano – conclude – senza darci un appoggio concreto e senza ridare la possibilità a noi imprenditori e testimoni di giustizia di riaprire l’attività”.

Raimondi, infatti, dopo il pignoramento, ha perso anche lo spazio che utilizzava come laboratorio per la creazione dei suoi splendidi manufatti in ceramica. (a sinistra, foto tratta ca cnatreviso.it)

Nella speranza di riprendere a lavorare dignitosamente, chiede di poter disporre di uno di quei beni confiscati dalla mafia, sperando di poterlo trasformare in una bottega artigianale.

“Potrei dare lavoro e assumere tanti giovani – dice – che vogliono imparare un mestiere che rischia di estinguersi. Datemi la possibilità di ricominciare a lavorare dignitosamente. Anche comprare un solo oggetto può essere di aiuto. Valorizza l’arte, la cultura e può incoraggiare i commercianti a rinvigorire il settore artigianale”.

Sogna un’altra vita, Bennardo Raimondi, e spera di lasciarsi alle spalle il suo dramma. Ma se l’è vista brutta proprio qualche giorno fa, dopo che, colpito da una profonda crisi depressiva, stava per compiere l’estremo gesto che avrebbe messo fine alle sue sofferenze.

“Non ce l’ho fatta più – racconta l’artigiano. Troppe le difficoltà, i debiti e le bollette. In quel momento non capivo nulla. Ma una parte di colpa l’abbiamo tutti noi. Non è vero che nessuno può fare nulla, anche una parola di conforto può fare la differenza e salvare la vita ad una persona. E le parole non costano. Sono l’egoismo e l’indifferenza della società ad uccidere veramente un uomo.

L’imprenditore, però, nonostante tutto, spera di riuscir a divulgare l’arte e la cultura artigianale nelle scuole di Palermo, dove questa attività sempre essersi del tutto sopita.

“Esiste una legge regionale che autorizza l’inserimento di questi progetti nelle strutture scolastiche senza costi aggiuntivi. Perché non utilizzano il mio canale per diffondere e insegnare l’arte artigianale nelle scuole? Sarebbe un modo per risvegliare il settore e per aiutare le persone bisognose come me a darsi una seconda possibilità”.

 

Sabrina Macaluso

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