In una Sicilia bacchettata da Libera nel report nazionale sullo stato della trasparenza delle amministrazioni locali per quello che riguarda la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, per una volta Palermo fa bella figura. Nonostante il ranking molto basso assegnato all’isola dai ricercatori dell’associazione antiracket, in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, il capoluogo, una delle città d’Italia con il maggior numero di beni confiscati alla mafia, ne esce con una piena sufficienza.
La ricerca di Libera, nello specifico, ha puntato la lente di ingrandimento sulle modalità di pubblicazione degli elenchi e informazioni sul bene anche su scala regionale. «Sui 406 comuni italiani che hanno pubblicato l’elenco – dicono dal coordinamento di Libera Sicilia – abbiamo costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 49.11 punti. La fotografia regionale della Sicilia presenta un ranking pari a 47.1 punti e dunque sotto la media nazionale». E dire che una gestione trasparente del patrimonio sottratto ai tentacoli della criminalità sarebbe quanto mai necessario nella prima regione italiana per numero di beni immobili destinati: 6.384 contro i 2.884 della Calabria, seconda con distacco. L’Isola, con i suoi 120 comuni destinatari di beni confiscati che non pubblicano elenco e informazioni con un percentuale pari al 58 per cento, risulta tra le regioni meno virtuose.
«La base di partenza del lavoro di monitoraggio – spiega Libera – coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati” i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali. Il primo dato ricavato dal lavoro di monitoraggio è quello più immediato e risponde alla semplice domanda: quanti comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge?». Palermo con la sua gestione dei 1991 immobili confiscati destinati, raggiunge un ranking di 61.74: oltre 14 punti sopra la media, anche se ancora lontana dalle città più virtuose come Milano (90.43), Genova (80.87), Roma(80.87) e Napoli(76.52).
«Nella pagina dedicata al patrimonio immobiliare è possibile scaricare alcuni aggiornamenti dell’elenco, a partire dal 2017 – si legge nel report di Libera – Il documento Pdf ricercabile riporta le indicazioni sui soggetti gestori degli immobili, compresa la scadenza del comodato d’uso. Palermo è stata una delle prime città in Italia ad applicare la norma che prevede la possibilità di destinare gli immobili confiscati alla residenzialità popolare e all’emergenza abitativa; una modalità di riutilizzo pubblico oggi applicata anche in altri comuni, che rende i beni confiscati strumenti di applicazione del diritto alla casa e a una vita dignitosa. La rete associativa da tempo ha iniziato un’analisi del Regolamento comunale per la gestione e la destinazione dei beni confiscati, per fare in modo che possano diventare ancora di più un’opportunità di sviluppo per la città».
Questo anche grazie alla modifica del regolamento sull’emergenza abitativa, che dallo scorso novembre inserisce nel novero delle abitazioni che possono essere utilizzate per questo scopo anche i beni confiscati, nonostante l’accesa polemica che si è scatenata con i sindacati della casa, che non hanno gradito l’equiparazione degli immobili tolti alla criminalità, che per regolamento dovrebbero andare a persone in stato di estrema fragilità economica, all’elenco delle case destinate per l’edilizia popolare, che invece possono essere anche assegnate a famiglie con un reddito, anche se debole. Un’equiparazione che fa sì che anche a chi riceve in concessione un bene confiscato debba pagare un minimo canone al Comune, cosa che non sempre risulta possibile, viste appunto le condizioni di forte indigenza dei soggetti.
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