Bellolampo, per l’Ispra è una minaccia ambientale «Comune e Regione si costituiscano parte civile»

Se proprio bisogna essere precisi, al posto della felpa sarebbe servito un impermeabile. Ma il travestimento di Vincenzo Figuccia, che ieri si è presentato davanti ai cancelli di Bellolampo vestito alla maniera della nota attivista ambientale Greta Thunberg, è servito in realtà a chiedere la chiusura della discarica palermitana. Non è la prima volta che il deputato regionale dell’Udc avanza una richiesta del genere. A dargli manforte, però, è giunto anche il primo rapporto Ispra sul danno ambientale in Italia, che ha mappato tutti i casi in Italia avvenuti tra il 2017 e il 2018.

Sono 30 i casi per i quali è stato accertato un grave danno o minaccia ambientale: si tratta di 22 procedimenti giudiziari (penali e civili) e otto casi extra-giudiziari. In dieci di questi 30 casi il Ministero dell’Ambiente si è già costituito parte civile o ha attivato il relativo iter. Tra i casi accertati c’è anche la minaccia ambientale della discarica di Bellolampo, che riguarda la fuoriuscita di percolato e la conseguente infiltrazione nelle falde acquifere: un caso per il quale è in corso anche un procedimento giudiziario al tribunale di Palermo. Come segnala l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, a muovere gli accertamenti degli esperti è stata la «contestazione di non conformità gestionali e strutturali e della diffusione di percolato verso l’esterno dell’invaso di discarica (con l’omissione di interventi atti a ridurre l’infiltrazione delle acque meteoriche nel corpo rifiuti)». L’istruttoria ha stabilito che esiste una esposizione del «corpo idrico sotterraneo significativo sottostante la discarica alla diffusione degli inquinanti presenti nelle acque sotterranee a causa delle fuoriuscite di percolato, espressione della presenza di fonti attive di inquinamento nella discarica».

I risultati del rapporto Ispra potrebbero complicare l’annosa vicenda della discarica di Bellolampo, che da una parte attende ancora i lavori della settima vasca e dall’altra non riesce a smaltire tutti i rifiuti dell’area metropolitana di Palermo, con almeno 45mila tonnellate di immondizia che continuano a stazionare fuori dall’impianto Tmb. Anche in questo caso, tra l’altro, la minaccia ambientale appare concreta visto che non sono state garantite neppure le necessarie coperture. Con l’arrivo delle piogge, infatti, potrebbe formarsi nuovo percolato. «Io sto chiedendo a Comune, Regione e Ministero dell’Ambiente di costituirsi parte civile nel caso segnalato dall’Ispra – afferma Figuccia – Ora che Bellolampo rientra ufficialmente tra i 30 siti più inquinanti d’Italia, non si può continuare a inquinare il nostro territorio. Attorno alla discarica segnalo inoltre che ci vanno a pascolare le mucche. Parlare ancora di settima vasca, che comunque secondo la Regione andrebbe esaurita entro due anni se si mantengono questi ritmi di produzione, non è una soluzione risolutiva. La zona invece andrebbe bonificata e va restituito il maltolto subito ai residenti e più in generale alla popolazione. Vanno realizzati molti impianti con le nuove tecnologie, e questi vanno pianificati. Se ogni volta si dice che serve tempo non andiamo avanti, si rinvia sempre e si continua a sostenere il sistema inadeguato delle discariche».

Senza considerare che, nell’immediato, è la stessa Ispra a indicare la strada per affrontare la minaccia ambientale in corso. Per gli esperti dell’istituto nazionale bisogna puntare al «completamento degli interventi strutturali e gestionali sulla discarica in corso» e alla «realizzazione delle opere di chiusura delle vasche della discarica». Il quadro insomma resta allarmante, non solo per Palermo. «In merito al rapporto – afferma il senatore M5s Pietro Lorefice – sono 161 le istruttorie aperte. Purtroppo la nostra regione registra un triste primato, infatti proprio la Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14) e Puglia (13). Le attività che potenzialmente possono portare a danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture, dagli impianti industriali. È importante considerare che il rapporto si inserisce in un percorso di condivisione finalizzato a costruire un nuovo approccio al tema, fondato sull’interlocuzione tra tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, per l’individuazione delle criticità da risolvere e delle linee di sviluppo future».

Andrea Turco

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