Un impianto da 22 milioni di euro che potrebbe portare la discarica di Palermo, finalmente, ai livelli di quelle europee. Si tratta del Tmb (trattamento meccanico biologico), struttura collaudata a novembre e pronta ad entrare in funzione a Bellolampo, in grado di garantire enormi benefici sull’impatto ambientale dei rifiuti conferiti nel sito, che risulterebbe così adeguato alle nuove normative in termini di smaltimento. Un battesimo difficile, tuttavia, quello dell’impianto che, supportato da un adeguato sistema di raccolta differenziata, consentirebbe di snellire oltremodo la quantità di rifiuti che andrebbero a riempire una discarica dove la sesta vasca è già al collasso e pare prospettiva inevitabile la costruzione a breve di una settima.
«Stiamo seguendo le vicende di questo impianto – afferma Claudia Mannino, siciliana eletta alla Camera dei deputati tra le fila del M5S – dal settembre 2014, quando abbiamo effettuato la prima ispezione, e ogni nostra azione politica è stata finalizzata all’avvio del Tmb nel più breve tempo possibile. Abbiamo avuto un confronto serrato ma costruttivo con i responsabili dell’impianto e ci hanno testimoniato le criticità che riscontrano e che stanno cercando di risolvere. Ci è stato detto che entro metà gennaio partirà la linea compost e successivamente quella della biostabilizzazione. Noi monitoreremo ogni passaggio e a fine gennaio saremo di nuovo in impianto. Siamo molto critici nei confronti dei ritardi nell’acquisto dei mezzi necessari – che avevamo sollecitato al presidente Rap Marino e all’assessore comunale Lapiana a maggio e a luglio – e ci aspettiamo che tutto sia disponibile alla nostra prossima ispezione. Se questo non dovesse verificarsi ci rivolgeremo alla Procura per l’accertamento delle responsabilità di questi ritardi, in quanto si tratta di atti indifferibili in virtù del loro impatto ambientale e sanitario».
Una vicenda complessa quella del Tmb, un impianto che sarebbe necessario in ogni discarica, ma che in Sicilia è presente solo in due siti: quello di Catania e, appunto, Bellolampo, dove non è ancora entrato in funzione. Questa mancanza esporrà verosimilmente l’Italia a pesanti sanzioni da parte dell’Europa, che potrebbe anche contestare reati ambientali. Sanzioni che ricadranno infine su chi è responsabile dell’impianto, dunque, sulla Srr, la società per la regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti e dei Comuni che ne fanno parte, incidendo inevitabilmente sulle tasche dei cittadini.
«Una cosa è certa – continua Mannino – l’avvio di un impianto così importante in tempi brevissimi sarebbe stato possibile solo attraverso una gestione da parte della ditta esecutrice dei lavori, con un affiancamento della Rap. Questa necessità non è stata percepita in sede di progettazione dell’intervento dalla struttura commissariale. Per non parlare della questione del mancato acquisto dei mezzi per la gestione dell’impianto, anch’essa scelta criticabile del commissario per l’emergenza, esperienza dalla quale siamo usciti grazie ad un mio emendamento alla Camera dei deputati. Ora ci troviamo col fiato sul collo da parte della Commissione europea e con il piano stralcio per l’uscita dall’emergenza che, come avevamo denunciato ad agosto, prevede in maniera assolutamente irrealistica la messa a regime dell’impianto entro la fine del 2015».
Intanto Rap, che ha dovuto prendere in carico la gestione dell’impianto dopo la nota del Dipartimento regionale acqua e rifiuti, che, a seguito di un sopralluogo avvenuto lo scorso 30 settembre, ha segnalato «l’improcrastinabilità dell’entrata in esercizio» della struttura, fa notare le tante criticità che, secondo la società, presenterebbe la struttura. Tra queste «limitata capacità di accumulo dell’area di conferimento, elevati percorsi interni per la movimentazione dei rifiuti, mancanza di sezione di recupero plastica, mancanza di unità di compattazione del sopravaglio prima del trasporto a discarica con notevoli aggravi gestionali, biofiltri scoperti con conseguente sovraproduzione di percolato in inverno e maggiori consumi idrici in estate, spogliatoi e servizi insufficienti, locali uffici inesistenti» e soprattutto l’altezza dei capannoni, non sufficiente per consentire di operare ai mezzi già in possesso della Rap, chiamata dunque all’acquisto di nuove macchine. Ragioni, queste, inascoltate dalla Regione, in luogo anche del fatto che a seguire il progetto iniziale furono i tecnici dell’Amia, l’allora azienda deputata alla gestione dei rifiuti a Palermo, passati successivamente in blocco nell’organico della Rap.
Da Palazzo D’Orleans, infatti, fanno sapere che «l’impianto è stato realizzato e consegnato nei tempi previsti, nel pieno adempimento delle scadenze e senza gli errori progettuali sostenuti dalla Rap, tanto che entro la fine dell’anno la struttura sarà oggetto di un’ispezione da parte dei tecnici dell’assessorato per capire ufficialmente perché il Tmb non è ancora partito». Il Tmb è stato infatti ultimato ad aprile, la Rap ha bandito la ricognizione interna per cercare il personale da destinare alla struttura due mesi dopo, il 5 giugno, mentre non ha ancora provveduto all’acquisto, imprescindibile, dei nuovi mezzi.
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