Sono passati ormai cinque giorni da quando il 32enne allevatore di Barcellona Salvatore Chiofalo è scomparso nel nulla. Le indagini dei carabinieri, che avevano da subito escluso che l’uomo si fosse allontanato volontariamente, trovano sempre maggiori elementi. E con il passare delle ore la possibilità che il 32enne sia stata ucciso e il suo cadavere fatto sparire sta prendendo sempre più corpo.
Da ieri a battere palmo a palmo l’altipiano di contrada Praga c’è anche lo squadrone dei carabinieri cacciatori di Calabria. Si tratta di militari esperti nel setacciare i posti più impervi. Oggi si concentreranno in un’altra area, forse quella di Lando, dove l’allevatore aveva una seconda stalla. Non è escluso che Chiofalo sia stato attirato con l’inganno proprio qui o in un altro luogo e quindi ucciso. La pista dell’omicidio sembra essere quella più battuta dai militari dell’Arma guidati dal tenente Luca Geminale.
Il cadavere dell’allevatore non è stato ancora trovato a differenza della sua auto, il fuoristrada della Toyota totalmente carbonizzato da un incendio in contrada Praga, che è stato individuato sabato alle 13 dai carabinieri. E proprio il rogo dell’auto lascerebbe pensare agli investigatori che si sia in presenza di un caso di lupara bianca, 18 anni dopo l’ultimo episodio. Prende corpo l’ipotesi che l’assassino o gli assassini abbiano seppellito il corpo per poi spostare la vettura in un altro posto, dove poi, per evitare che potessero essere trovate loro tracce, hanno incendiato la Toyota. Gli investigatori starebbero cercando riscontri nell’ambiente dei pascoli che vede continue faide tra pastori – ma in alcuni casi si tratta di una vera e propria mafia – a causa di furti di bestiame. Quelle che al momento sono solo ipotesi investigative potrebbero trovare qualche conferma dalle analisi che i militari del Ris hanno avviato sul fuoristrada. In particolare i militari stanno concentrando le loro attenzioni su alcuni soggetti in grado di procurasi armi.
Lunedì pomeriggio in Procura si è tenuto un vertice coordinato dal procuratore capo Emanuele Crescenti, al quale era presente anche il sostituto procuratore Rita Barbieri, titolare dell’inchiesta, e i vertici dell’Arma dei carabinieri per fare il punto delle indagini e delle ricerche. Indagando sul passato di Chiofalo, finora non sarebbero emersi elementi che possano far pensare a una vendetta. Un solo episodio di tensione: l’uomo aveva rotto i rapporti con la famiglia d’origine nel 2012, quando nella stalla di contrada Lando aveva trovato morti i vitelli che allevava. Per quell’episodio non aveva esitato a incolpare i parenti, spezzando definitivamente i rapporti con loro, al punto da abbandonare anche la casa familiare e andare a vivere in un appartamento che si apprestava ad abitare con la fidanzata.
Con la ragazza stavano progettando il matrimonio e di avviare una macelleria agricola. Piani che hanno contribuito a convincere i carabinieri che Chiofalo non si sia allontanato volontariamente, ma che sia stato ucciso.
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