Barcellona, coop lombarda accusata di evasione La sede trasferita in Sicilia per sfuggire alle tasse

Una società cooperativa lombarda trasferita fittiziamente a Barcellona Pozzo di Gotto, «col preciso scopo – scrive la Finanza – di rendere più difficoltosi i controlli del fisco, pur continuando a operare nel settore delle pulizie negli edifici, in Lombardia e in altre regioni, quali Emilia Romagna e Toscana». La Guardia di Finanza della città messinese ha scoperto una presunta evasione da 16 milioni di euro e ha denunciato due persone alla Procura. 

Si tratta dell’amministratore pro tempore della cooperativa, C.G., di 42 anni, nato a Monza e residente in provincia di Milano, accusato di di indebita compensazione mediante crediti inesistenti, per il quale è prevista la reclusione sino a sei anni. L’altro denunciato è il liquidatore della società, in carica nel periodo in cui sarebbero dovute essere presentate le dichiarazioni fiscali annuali, D.C., 53 anni, nato a Rho, nel Milanese e residente nel capoluogo lombardo. Per lui le contestazioni sono infedele e omessa dichiarazione, puniti con la reclusione fino a un massimo di quattro anni.

In particolare, gli accertamenti avrebbero permesso di rilevare che la società, costituita nel 2010 a Milano e che aveva ben 144 addetti, nel luglio del 2012 aveva trasferito fittiziamente la propria sede in Sicilia. Pur risultando formalmente una cooperativa di produzione e lavoro, avrebbe operato in modo ingannevole come una vera e propria impresa, con finalità prettamente lucrative. Gli approfondimenti hanno riguardato la documentazione estrapolata anche dalle banche dati ed elaborata mediante specifici programmi software. 

Sarebbe stata sottratta a tassazione una base imponibile di I.R.A.P. (imposta regionale sulle attività produttive) pari a quasi 16 milioni di euro e individuare ricavi non dichiarati per oltre 14 milioni di euro. Tra le altre violazioni individuate sarebbero emerse illegittime compensazioni effettuate mediante crediti d’imposta inesistenti per ottocentomila euro e altri illeciti in materia di imposta sul valore aggiunto per più di tre milioni di euro. 

Gli indagati non avrebbero presentato valide dichiarazioni ai fini delle imposte dirette, dell’I.V.A. e dell’I.R.A.P., avrebbero avviato fittiziamente la liquidazione societaria, trasferito strumentale la sede da una regione all’altra e presentato modelli I.V.A. riportanti costi mai sostenuti, al fine di originare crediti d’imposta inesistenti. 

Redazione

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